Le nuove forme dell’antisemitismo
L’ultimo libro di Federico Steinhaus (Una giornata della memoria 364 giornate dell’indifferenza, Raetia, Bolzano 2019) è il punto di arrivo, per ora, di un impegno di lungo periodo dell’autore nella lotta contro l’antisemitismo in tutte le forme in cui esso si presenta. In questo senso è significativo il sottotitolo del volume: “Mutazioni, manipolazioni e camuffamenti dell’antisemitismo”. Le mutazioni e i camuffamenti dell’antisemitismo sono infatti l’oggetto principale del lavoro di Steinhaus: emarginato (ma non scomparso) l’antisemitismo tradizionale, quello che si fondava su pregiudizi religiosi o razziali, è progressivamente emerso e si è col tempo rafforzato un altro tipo di antisemitismo, quello che prende di mira non l’ebreo come persona ma gli ebrei come popolo, negando ad esso ciò che è considerato legittimo per ogni altro popolo, il diritto di avere un proprio Stato. L’antisionismo emerge così dallo studio di Steinhaus come la forma attuale dell’antisemitismo, sulla scia degli studi più recenti sull’argomento.
Ma questa affermazione non è per l’autore il frutto di una elaborazione puramente teorica o ideologica: essa nasce dall’osservazione di decine, di centinaia di episodi di antisemitismo che egli ha raccolto pazientemente e che fa riemergere dalla memoria. Fra i tanti gli episodi che cita, i più significativi sono certamente quelli che si riferiscono all’Alto Adige, che ha potuto seguire da vicino come presidente, per molti anni, della Comunità ebraica di Merano. Episodi significativi per l’intreccio che avviene in questa terra di confine tra nostalgie pangermaniste, rivendicazioni autonomiste, pulsioni xenofobe e rigurgiti di antisemitismo. Sono aspetti di una realtà a lungo ignorata dall’opinione pubblica nazionale perché l’attenzione si è focalizzata esclusivamente sulle rivendicazioni separatiste di una parte della comunità di lingua tedesca, mentre la notizia dei numerosi episodi di antisemitismo raramente è stata diffusa dai grandi organi di informazione.
Un impegno di lungo periodo, dicevo, quello di Federico Steinhaus, che inizia fin dagli anni dell’Università. Federico infatti fece parte – esattamente sessanta anni fa, nell’aprile 1960 – del gruppo di quaranta studenti della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze che partecipò al viaggio in Polonia che organizzai allora e che ebbe i suoi momenti più significativi nelle visite ad Auschwitz e alle memorie del Ghetto di Varsavia. Il suo impegno è proseguito nel corso di tutta la sua vita anche con la pubblicazione di numerosi libri e con il ruolo, già ricordato, di presidente della Comunità ebraica di Merano.
Valentino Baldacci
(28 maggio 2020)