L’Ue e il piano per rialzarsi
Al centro dei quotidiani odierni, la presentazione da parte della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen al Parlamento Europeo della proposta legata al Fondo per la ripresa (Recovery Fund), principale strumento europeo per affrontare la crisi economica innescata dalla pandemia. “Un piano da 750 miliardi temporaneo (dura fino al 2022) agganciato al bilancio Ue 2021-2027 da 1100 miliardi, – spiega il Corriere – che dovrà rendere l’Ue più verde, digitale e resiliente. Il Recovery Instrument, chiamato Next Generation Eu, sarà finanziato attraverso emissioni di bond da parte della Commissione e prevede 500 miliardi di aiuti a fondo perduto (vincolati a riforme e investimenti concordati con Bruxelles) per i Paesi e i settori più colpiti dalla crisi e 250 miliardi di prestiti a lungo termine”. Il maggior beneficiario, evidenziano i quotidiani, sarà l’Italia a cui dovrebbero andare 172,7 miliardi di euro. Ora però bisogna arrivare a un accordo tra i diversi paesi, e Olanda, Austria, Danimarca e Svezia si sono già dette contrarie. “Trovare l’unanimità non sarà facile, – scrive Repubblica – ecco perché il fronte della solidarietà si stringe intorno a von der Leyen, capace di tenere alta l’asticella della proposta di partenza per attutire eventuali compromessi al ribasso”. “Indietro non si torna, oggi è come se fosse il D-Day europeo del Ventunesimo secolo perché l’Europa ha scoperto la solidarietà”, avverte il presidente del Parlamento Ue David Sassoli. Per rassicurare i paesi scettici (e non solo), sottolinea la Stampa, nel piano ci sono alcune condizioni per garantire che i soldi non verranno sperperati. “Gli Stati dovranno presentare a Bruxelles dei piani nazionali in cui indicare le riforme e gli investimenti che intendono finanziare”. Piani che dovranno ricevere il via libera di Commissione e Consiglio Ue.
L’Italia e i benefici del piano Ue. “Tanti dicevano di non espormi ma io ci ho sempre creduto. La vera partita si gioca al Consiglio europeo”, questo il commento a La Stampa del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte rispetto al piano presentato dalla von der Leyen. Un piano accolto con favore dall’ex Premier Mario Monti, che sul Corriere invita la politica italiana a non respingere con rabbia “l’esistenza di forme di condizionalità, se è intesa come verifica sul buon uso dei fondi, anche al fine di riformare strutturalmente parti dell’economia o dell’amministrazione pubblica che ne hanno veramente bisogno. Si cerchi di prendere in contropiede i Paesi ‘frugali’ come l’Olanda e l’Austria. Invece di dire loro: ‘al diavolo le condizionalità che voi auspicate’ si potrebbe dire loro: ‘non cercate di ridurre gli importi, come si dice che vogliate fare; e sappiate che l’Italia non ha nessuna paura delle condizionalità, anzi vogliamo che si estendano equamente a tutti i campi’”. Giustizia civile certa nei tempi e negli esiti e un’amministrazione che venga messa in grado di funzionare, sono le riforme che la Commissione ha già chiesto all’Italia, evidenzia sempre il Corriere.
Il futuro al femminile. Nei mesi di diffusione del contagi, le lavoratrici dai 20 ai 50 anni sono state più colpite degli uomini della stessa età. E ora rischiano di perdere reddito o il posto di lavoro, scrivono sul Corriere Maurizio Ferrera e Barbara Stefanelli, analizzando il problema delle diseguaglianze di genere, emerso con forza in questa pandemia. Tante le problematiche evidenziate, tra cui il fatto che le donne abbiano pagato il prezzo più alto nella sfera delle relazioni personali durante il lockdown a causa, tra l’altro, dell’aumento di casi di violenza domestica durante le convivenze forzate; e del fatto che cura e istruzione dei figli siano gravate prevalentemente sulle spalle femminili. “Mentre accadeva tutto questo, in Italia i processi decisionali relativi all’emergenza e all’uscita dall’emergenza sono stati dominati – salvo correzioni in corsa – da politici ed esperti di sesso maschile”, scrivono Ferrara e Stefanelli. Un discorso riassunto da Emma Bonino su La Stampa in un editoriale dal titolo “Christine, Angela e Ursula, l’Europa è donna, l’Italia ancora no”.
Gli Stati Uniti e il razzismo. La morte dell’afroamericano George Floyd a Minneapolis, soffocato da un poliziotto, ha scatenato nuove proteste negli Usa e rilanciato il dibattito sul problema del razzismo negli Stati Uniti. A La Stampa Hawk Newsome, presidente di Black Lives Matter a New York, afferma che si rischia la “guerra razziale”. Intanto il presidente Trump fa i conti con Twitter che segnala alcune sue affermazioni come fakenews (Corriere).
L’economia di Teheran. “La performance del Teheran Stock Exchange (Tse) suona come un paradosso. Che segue, ormai da diversi anni, una ‘regola’ paradossale: più l’economia nazionale affonda sotto i colpi delle sanzioni americane, più i titoli si rafforzano”, lo spiega sul Sole 24 Ore Roberto Bongiorno, analizzando i dati positivi della borsa iraniana ma spiegando che il regime sta giocando con il fuoco: dietro al boom di uno degli indici migliori al mondo, quello di Teheran, c’è un piano di privatizzazioni a prezzi scontati che rischia di trasformarsi in una gigantesca bolla. Una volta esplosa, anche l’equilibrio sociale potrebbe esplodere. E nel mentre, come ricorda il Foglio, l’ayatollah Khamenei usa Twitter per rilanciare il suo feroce antisemitismo e odio contro Israele.
Nessuna scusa. Inviando una lettera al Corriere, un lettore rivendica il fatto che il padre abbia combattuto per la Repubblica di Salò e chiede le scuse di Aldo Cazzullo, che negli scorsi giorni aveva sottolineato la gravità di quella scelta, di combattere per “Hitler contro altri italiani”. “Chi andò a Salò andò oggettivamente anche a combattere altri italiani. – spiega Cazzullo – Molti lo fecero in buona fede, convinti di servire la patria; tanti per convinzione, tanti perché costretti dai bandi Graziani. Ma davvero lei è convinto che bisognasse combattere con Hitler fino alla totale distruzione dell’Italia? Che fosse giusto schierarsi con chi mandava gli ebrei italiani e in genere europei ad Auschwitz?”.
Segnalibro. Repubblica Roma segnala l’uscita del volume Le Fosse Ardeatine: dodici storie (Gangemi), in cui si raccontano le prime 12 biografie di altrettante vittime dell’eccidio. “Riconosciute dal medico legale Attilio Ascarelli, le vittime dell’eccidio del 24 marzo 1944 furono 335, – scrive il quotidiano – e appunto nell’intento di ‘ricomporre l’infranto’ ricorda Liliana Segre nella prefazione, Silvia Haia Antonucci, Martino Contu, Georges de Canino, Sira Fatucci, Rina Menasci, Amedeo Osti Guerrazzi, Claudio Procaccia e Marta Ravenna Lattes, hanno avviato un lavoro che porterà al Dizionario biografico dei trucidati alle Fosse Ardeatine. Questo primo campione riguarda dunque 12 dei 76 ebrei che vi perirono, ossia quasi un quarto del numero degli uccisi”.
Estremismi. L’anima dell’Afd, il partito di estrema destra tedesco, è sempre più radicale. Lo racconta sulle pagine del Foglio Daniel Mosseri a colloquio con il giornalista Benjamin Konietzny, esperto di Afd. “Per Konietzny è palese come il cammino verso il radicalismo avviato dal partito nel 2015 con l’abbandono della piattaforma euroscettica e l’adozione di quella xenofoba non si sia mai interrotto”.
Daniel Reichel