Azioni e reazioni

Con il senno di poi – e sottolineo con il senno di poi dato che allora ero favorevolissimo alla decisione del premier Ariel Sharon – l’evacuazione/disimpegno unilaterale dalla Striscia di Gaza proposta nel 2004 e attuata nell’agosto 2005, non è stata una scelta lungimirante e certamente non ha portato benefici né allo Stato di Israele, né ai palestinesi, né all’ANP e di conseguenza tanto meno al processo di pace. D’altronde la Storia insegna che l’unilateralità rarissimamente produce buoni risultati.
Figuriamoci un passo unilaterale verso l’annessione di parti della Cisgiordania o come la si voglia chiamare. Eppure il premier Bibi Netanyahu, e parrebbe anche il partner Benny Gantz, ripetono di volerlo fare, mettendo in pericolo, ad avviso di molti, la sicurezza dello Stato e la sua natura di paese democratico. Non a caso, nelle scorse settimane, è stata resa nota una petizione firmata da 220 ex alti ufficiali dell’esercito, del Mossad e della polizia. La loro previsione è più che cupa: l’annessione provocherà una reazione a catena al di fuori del controllo del paese e condurrà alla disintegrazione dell’Autorità palestinese. Fermarsi in tempo no?

Stefano Jesurum