“Le nostre città dopo la pandemia, un’occasione per ripensarle”
La sostenibilità ambientale; la lotta alle diseguaglianze e alla crisi economico-sociale; lo sviluppo di nuove forme di partecipazione civica. Sono le tre macroaree che per Tobia Zevi, responsabile del Global Cities Programme dell’Ispi di Milano, bisogna tenere in conto per ragionare sul futuro delle nostre città, segnate in modo dirompente dalla pandemia. Proprio questo il tema toccato con Zevi nel video pilpul andato in onda ieri sera, ovvero ripensare le città nell’era post-covid. “Le città che noi conosciamo e le loro evoluzioni nella storia sono state spesso il frutto di pandemie. Questo perché è una costante l’adattamento degli spazi delle città per le persone alle questioni sanitarie e ambientali”, ha sottolineato Zevi in apertura, evidenziando come le trasformazioni a cui andremo incontro – tenendo conto della tragedia e del dolore che l’emergenza sanitaria ha portato con sé – non saranno necessariamente regressive o negative “ma un nuovo modo di intendere la città”. Un nuovo modo di concepirla che passa dai tre pilastri già evidenziati: la sostenibilità ambientale (tra cui il tema della mobilità) da integrare nel discorso della tutela della salute, spiega Zevi; la lotta alle diseguaglianze e alla povertà, con le città più a rischio su questo fronte rispetto ad altri territori, e allo stesso tempo il rilancio dell’economia. Tra gli elementi messi in rilievo da Zevi, la necessità di offrire posti di lavoro puntando su settori nuovi e allo stesso tutelare esercizi storici e le professioni tradizionali che fanno parte integrante del volto della città. Terzo pilastro, quello della “partecipazione civica. Il problema qui è l’esigenza da una parte di tracciare il virus, quindi controllare la salute delle persone per evitare nuovi focolai di contagio, dall’altro evitare che questo tracciamento vada a scapito delle libertà individuali e democratiche dei cittadini. Rispetto a questo la sfida per le città è quello di costruire uno spazio pubblico, civico, democratico in cui l’efficienza nel combattere la malattia non vada a scapito dei processi di cogestione, covalutazione, coprogettazione del futuro di quelle città e allo stesso delle libertà democratiche. E da questo punto di vista la manifestazione in piazza Rabin a Tel Aviv (nell’immagine in alto) contro il governo Netanyahu-Gantz, indipendentemente dalle posizioni politiche, è stata una delle più significative di questo lockdown, perché quella parte di cittadini, pur rispettando le regole del distanziamento, ha voluto dire che non avrebbe rinunciato ai suoi diritti democratici, civili e sociali”.