L’America della coscienza civile

Crea non poco imbarazzo sentirli definire ‘afroamericani’. È come se si intendesse rimarcare che sono appena arrivati dall’Africa, che non sono nativi dell’America Wasp – bianca, anglosassone, protestante. In America alle origini ci si tiene molto, specie per sottolineare le differenze. Verrebbe da dire ‘altro che melting pot!’, ma si leverebbero subito gli scudi. Diciamo allora: queste sono le contraddizioni del melting pot. Melting pot che per i neri non ha funzionato troppo. E non mi si opponga, per favore, che un nero è riuscito a diventare Presidente degli Stati Uniti. È davvero l’eccezione che conferma la regola. Non occorre ripercorrere qui la storia del razzismo americano. Sta facendo scalpore il messaggio di Lee Pelton, presidente nero dell’Emerson College di Boston, che ripercorre la propria esperienza personale e la storia di violenze, umiliazioni, misconoscimenti, a cui la comunità nera è stata ed è soggetta, indipendentemente dallo status sociale e legale dei suoi singoli membri. Già il retropensiero che tutti i neri siano delinquenti e criminali è un atto mentale di razzismo diffuso fra non pochi apatici pensatori.
Eppure, si rimane sorpresi da quanti distinguo stia provocando la morte di George Floyd. D’un tratto tutti teniamo alle precisazioni, alle differenze, ai contrasti, alle cause e alle conseguenze. Soprattutto alle conseguenze. La morte di Floyd è stata una bella sventura, ma i disordini che ne sono seguiti non sono una sventura forse? E perché si parla di George Floyd e non della Siria? In fin dei conti lui è uno e in Siria sono centinaia di migliaia, forse milioni. E perché non si dice che anche in Italia la polizia…
George Floyd dà fastidio, o meglio, sembra che dia fastidio che si stia parlando di razzismo, e, nello specifico, di razzismo americano.
Sarà d’uopo, come al solito, puntualizzare il punto di vista. Chi scrive non coltiva antipatie americane. E, chi scrive, ha letto con piena consapevolezza del reale Solgenitsin e Vassilij Grossman e anche Julia Dobrovolskaja, traduttrice e già collega all’Università. Quindi, per favore, bando ai retropensieri e alle illazioni ideologiche. Qui non ci si batte per il comunismo e non si ha alcun interesse a screditare l’America liberale e democratica.
Non si capisce, tuttavia, come una morte scandalosa, provocata dalle forze dell’ordine di uno stato democratico, possa essere sminuita dalle violenze che le sono seguite o dal silenzio che il mondo riserva alla tragedia siriana. Non si capisce che bisogno ci sia di deviare e distrarre l’attenzione dall’assassinio pornografico di George Floyd per mano di un poliziotto. Non si capisce perché chi lo desidera non alzi la voce per le tragedie cui assiste in giro per il mondo e non si faccia portavoce di giustizia e di libertà e di democrazia ovunque ne senta il bisogno nell’esatto momento in cui ne sente il bisogno. O perché aspetti invece di gridare allo scandalo solo nel momento in cui si leva la protesta per la morte di un nero per mano di una bestia in divisa. Allora, perché tacere sulla morte di George Floyd, o perché minimizzarla? Perché cercare di nasconderla dietro il paravento pretestuoso di altre tragedie. Come se non si volesse riconoscere che la morte di Floyd ha riportato all’attenzione della società e del mondo il problema ben più vasto del razzismo in America. Ed è questo il vero problema, non la morte accidentale di un uomo, ma l’omicidio di un nero in quanto nero. Ma poiché parlare del razzismo in America turba la coscienza dei filoamericanisti acritici, ci si impegna a dimostrare che ‘la notte tutte le vacche sono nere’, come ridacchia il filosofo, e si distoglie così lo sguardo dal particolare. Eppure basterebbe solo un piccolo sforzo di umanità per distinguere le tristi peculiarità del reale.
L’interrogativo disturbante, ‘e perché allora non protestare anche per … ?’, risuona analogo all’infame quesito antisemita che ogniqualvolta si parla di Shoah ti chiede ‘e perché non commemorare oggi anche le foibe?’, o ‘e perché non parlare oggi anche dei palestinesi?’ In quel caso, a noi viene spontaneo difendere il significato specifico della nostra memoria e della morte dei nostri cari per mano nazifascista. Lo stesso si dovrebbe dire di ogni specifica tragedia o ingiustizia. Ogni crimine vale per sé, e non viene sminuito da altri crimini, né intende a sua volta sminuirli. Semplicemente i crimini non si annullano né si ridimensionano l’un l’altro attraverso un’operazione retorica. I crimini non si zittiscono con altri crimini.
Protestare contro atteggiamenti razzisti in America non significa condannare tutta la polizia americana né censurare un intero paese. È però indubbio che il sistema di garanzie, soprattutto in certi stati dell’America, non tutela in particolar modo i diseredati del paese, e i diseredati del paese sono, guarda caso, in buona maggioranza neri. Il melting pot americano non consente ai neri (e non solo a loro) le stesse possibilità di crescita sociale, economica e politica che consente alla maggioranza bianca. E, in quanto diseredati, certa polizia, di certi stati in particolare, tratta i neri senza guanti e senza andare troppo per il sottile. E non si tratta sempre di delinquenti, come ama scrivere qualche colpevolista di turno.
Bene, questa America può a ragione non piacere. Piace invece, e molto, l’America che si ribella, l’America che, pacificamente, si inginocchia e protesta contro le malversazioni di un potere che della propria autorità e della divisa abusa per sfogare frustrazioni e odio razzista.
Può invece non piacere un presidente degli Stati Uniti che non riconosce l’ingiustizia commessa e dichiara di voler usare l’esercito per scatenare una guerra civile (ma forse neppure se ne rende conto nel suo maldestro e contraddittorio pensiero politico). Piacciono invece le star di Hollywood e i politici e la gente comune, bianca e non, che si espone e scende in piazza pacificamente a chiedere giustizia e democrazia. Questa è l’America che incarna lo spirito della sua costituzione e reclama uguaglianza di diritti per gli uomini di ogni colore. L’America della coscienza civile.

Dario Calimani

(9 giugno 2020)