Riapertura delle scuole, spazi e tempi
per riorganizzare il lavoro educativo

La riapertura delle scuole è oggetto di un dibattito importante.
Le variabili sui quali è concentrata l’attenzione sono gli spazi e i tempi della formazione: ci si educa (o diseduca) in ogni luogo, non solo in un’aula scolastica, ci si forma in qualunque orario e a qualunque età, lo si voglia o no. Se ci si educa in ogni luogo, può essere utile, passando dalla teoria alla pratica, vedere quali possono essere gli spazi dell’educazione.
La scuola lo è certamente ed è utile, innanzitutto, verificare – come le direzioni didattiche stanno in parte facendo – che tutti gli spazi a disposizione siano utilizzati. Alcuni (per esempio la biblioteca, la sala dei docenti, parte dei corridoi, l’aula magna, dove c’è, la palestra, gli uffici, se non sono totalmente occupati…) possono essere, in alcuni casi, utilizzati in alternativa alle aule. Nel ragionare sugli spazi è indispensabile pensare alla piena funzionalità dei servizi (spesso chiusi quando guasti) e alla sicurezza degli allievi. È altresì indispensabile valutare di quale personale ausiliario si potrebbe avere bisogno, per una mobilità dei giovani in tutta la scuola. Ampliando il riferimento agli spazi, va considerato che il contesto socio territoriale lo è, se visto nella sua potenzialità educativa (dalla biblioteca di quartiere a un museo, da un centro sociale a un locale normalmente adibito ad altro. Si pensi, quale caso estremo, ai luoghi di culto). Si tratta di capire se questi spazi sono pensati in quanto tali o in ragione di ciò che contengono: il museo può essere sia una parentesi nell’attività corrente o esserne parte. Anche in questo caso si pone il tema del personale (non è detto che, come in genere avviene, debbano essere gli insegnati ad accompagnare i minori. Possono essere i genitori o personale ausiliario se l’attività della giornata si svolge nella sede individuata. Analogamente, nella sede stessa possono essere gli operatori, per esempio di un museo, i formatori).
Da ciò, il passaggio al tema del tempo è d’obbligo. Il curricolo che prevede il tempo in una sede esterna alla scuola può vedere in aula metà degli studenti di una classe e mentre l’altra metà è fuori. Questo è quello che già avviene in alcuni paesi: in Germania, la conoscenza della natura avviene anche nei boschi, con chi ne ha cura; in Francia la formazione artistica si realizza nei luoghi dell’arte, con le guide della stessa struttura in Svezia, l’attività sportiva è un naturale complemento dell’educazione sanitaria. Tutto questo va programmato e autorizzato, cosa non facile in un paese, come l’Italia, dove il programma ministeriale è superiore rispetto a qualunque pianificazione dell’educazione in ragione degli obiettivi.
Se si accetta il principio della stretta relazione tra educazione formale e non formale, le esperienze estive possono essere una prova per il futuro.
L’educazione a distanza potrà contribuire a tale processo, senza pretendere di sostituirle la necessaria socializzazione e confronto tra pari.

Saul Meghnagi, Consigliere UCEI