Otto milioni di contagi nel mondo,
preoccupano i dati israeliani
Sono oltre otto milioni, nel mondo, i contagi da Covid-19. “Più di un contagiato su 4 è negli Stati Uniti, che registrano 2,1 milioni di casi; uno su 9 è in Brasile, dove i casi sono 880 mila. Ma date le differenze nei mezzi e nei sistemi di registrazione – spiega il Corriere della sera – è rilevante considerare anche il tasso di mortalità: dei 438 mila morti totali le quote maggiori si trovano in Brasile (44 mila), Regno Unito (42 mila) e Stati Uniti (116 mila)”. Tra i nuovi focolai che suscitano preoccupazione c’è Israele, “che con 258 nuovi casi nelle ultime 24 ore registra la più severa impennata da aprile”. Il governo israeliano, riporta il Corriere, “ha convocato per oggi un summit d’emergenza per rivedere il piano delle riaperture e ha approvato l’antivirale Remdesivir come cura”.
“Temevo che essere un rabbino potesse essere un ostacolo alla mia candidatura. E invece non ci sono stati pregiudizi, il Paese ha capito che in una figura possono convivere l’adesione a una tradizione plurisecolare e una prospettiva più ampia”. È quanto afferma il neo direttore del Meis, il rav Amedeo Spagnoletto, in una intervista con Repubblica.
Tra i suoi sogni nel cassetto un progetto dedicato alla figura del rabbino Yochanan Ben Zakkai. “Fu lui – racconta rav Spagnoletto – che durante l’assedio a Gerusalemme riuscì a uscire dalle mura della città e a incontrare il comandante Vespasiano: così ottenne di salvare i saggi e la scuola rabbinica che poi fondò a Yavne. Fece un passo che permise agli ebrei di riformulare le modalità di trasmissione della propria tradizione e di continuare ad esistere”.
Paolo Mieli, sul Corriere, presenta Hitler in Italia. Dal Walhalla al Ponte Vecchio, maggio 1938 (Il Mulino) degli storici Franco Cardini e Roberto Mancini. Il saggio, viene sottolineato, avanza una ipotesi controfattuale: “Se il capo del fascismo fosse morto nel 1935, oggi sarebbe ricordato in modo ben diverso”. Secondo gli autori, evidenzia Mieli, oggi se ne parlerebbe anche come di un uomo la cui politica estera balcanica e orientale era caratterizzata da un “deciso filosionismo” e da una “chiara comprensione delle aspettative dei popoli arabi”. Caratteristiche che, la tesi di Cardini e Mancini, ne avrebbero fatto un “mediatore ideale”.
La Stampa ricorda il primo storico discorso di Charles De Gaulle da Londra, il 18 giugno del 1940. Poche ore prima la Francia era definitivamente caduta. “Un uomo solo – si racconta – si rivolgeva a una nazione battuta e umiliata, 90 mila soldati caduti e un milione 800 mila prigionieri, 8 milioni di civili sfollati. I nazisti erano padroni di Parigi e occupavano metà del Paese, il Nord e la costa atlantica; nel resto della Francia, a Vichy, il governo guidato da Pétain si piegava alla collaborazione con il nemico, legittimando i fantasmi della nazione, a cominciare dall’antisemitismo che avrebbe condotto allo sterminio 75 mila ebrei”.
L’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede, ricorda oggi con molta evidenza la Nostra Aetate e i suoi principali effetti, tra cui “la svolta irreversibile nei rapporti tra la Chiesa cattolica e l’ebraismo sulla scia dei passi intrapresi da Giovanni XXIII”. Un documento che, si sostiene, “ha cambiato in modo significativo l’approccio del cattolicesimo nei confronti delle religioni non cristiane”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(17 giugno 2020)