Le mani della Turchia sulla Libia

Con l’arrivo dell’estate si intensificano i viaggi della disperazione dalla Libia. Ieri una bambina di soli cinque mesi, racconta Francesco Battistini sul Corriere, è stata trovata morta su una spiaggia libica dopo che il barcone su cui viaggiava si era rovesciato. “Probabilmente stava sul gommone dei 32 sudanesi che si sono rovesciati sabato scorso al largo di Zuara, sei miglia dalla costa. I libici non avevano mosso un dito, quando l’ong Alarm Phone aveva ricevuto la voce disperata d’un parente dei migranti naufragati”, riporta Battistini che spiega quale sia la situazione del paese, dove è la Turchia di Erdogan oramai a fare da padrona. Un tema sollevato anche dall’ambasciatore d’Israele Dror Eydar durante una recente audizione alla Commissione Esteri del Senato. Grazie alle armi e ai soldati turchi, Fayez Sarraj ha ripreso il pieno controllo della Tripolitania, compiendo nel frattempo “torture e veri crimini di guerra”, spiega il giornalista. Erdogan per parte sua “si concede pure la libertà di qualche sgarbo all’Italia: la visita di Luigi Di Maio ad Ankara, proprio per parlare di Libia, ieri è stata rinviata last minute perché a sorpresa il governo turco gli ha preferito un incontro con Sarraj. Ormai Erdogan fa il padrone di Tripoli e ne sanno qualcosa i francesi di tre fregate della missione Nato, che hanno intercettato un cargo turco pieno d’armi e sono state allontanate in malo modo. Il Mare Nostrum sta diventando il suo: al Sultano gli affari, a noi la conta dei morti”, la denuncia di Battistini. E anche in patria, Erdogan continua con le sue manovre populiste: anche contro il parere dei giudici, ha annunciato di voler riaprire al culto islamico l’ex Basilica di Santa Sofia a Istanbul. “I partiti di opposizione – segnala Avvenire – accusano Erdogan di premere così tanto sull’argomento per non dover rendere conto di come il governo abbia gestito l’emergenza Covid-19 o peggio ancora della situazione economica del Paese”.

Sahel, vite in fuga. Ancora il Corriere evidenzia un dossier dell’Unhcr secondo cui 5 milioni di persone, in fuga dalla violenza islamista e dalla fame, potrebbero dirigersi nel prossimo futuro dal Sahel verso l’Europa in cerca di un rifugio. “Se non riusciamo a stabilizzare la situazione nell’area e a evitare che la gente perda speranza – avverte Chiara Cardoletti, rappresentante dell’Unhcr per l’Italia – un’ondata di nuovi profughi sarà inevitabile”.

Gli Usa, la schiavitù e il razzismo mai sconfitto. Il 19 giugno la comunità afroamericana celebra l’annuncio della fine della schiavitù proclamato nel 1865 dal generale Granger a Galveston in Texas. Sul significato di questo anniversario e sul problema del razzismo negli Usa Repubblica intervista Margo Jefferson, autrice americana che ha vinto sia un Pulitzer sia un National Book Award. Riguardo alle discriminazioni negli Usa e non solo, Jefferson riflette: “È una costante eterna dell’uomo: il ‘diverso’ mette in crisi e spaventa, quindi bisogna mortificarlo o distruggerlo. Ciò purtroppo è vero a ogni latitudine: qui fa più impressione perché il Paese nasce su una promessa di accoglienza e integrazione. Purtroppo penso che non vedrò la fine del razzismo, né forse la vedranno i nostri figli: ci vorrà molto tempo e il nostro compito è quello di tenere alta la tensione su un tema morale, prima ancora che politico”.

Il pericolo è in rete. Derrick de Kerckhove, direttore scientifico dell’Osservatorio TuttiMedia e Media Duemila, docente al Politecnico di Milano, oggi riceve a New York il premio “The Medium and the LightAward 2020”. Intervistato da La Stampa spiega le sue preoccupazioni per le degenerazioni innescate dall’incapacità di gestire la rete. “Come diceva Umberto Eco hanno preso il potere gli imbecilli, che non hanno bisogno di vera conoscenza, ma anche i maligni. Negli Usa i repubblicani hanno rinunciato alla moralità costituzionale e la gente vota senza sapere se ciò che pensa è vero. Prevalgono gli interessi particolari e la rete crea connessioni veloci, intelligenti e pericolose tra gruppi di pressione, terrorismo, persone che fanno cose illegali, tipo la soppressione del voto. Al Capone è al governo, ma non frega niente a nessuno”.

La responsabilità dei crimini italiani. Sul Riformista Giuliano Cazzola da un lato difende Indro Montanelli dall’altro sottolinea le responsabilità italiane dei crimini commessi in Etiopia e in Libia. “Illusi, non sarà un po’ di vernice a coprire le ignominie italiane”, il titolo dell’articolo in riferimento alla vernice lanciata sulla statua di Montanelli. Nell’articolo si ricorda come l’Italia non abbia mai preso coscienza dei propri crimini e si citano le parole della cancelliera tedesca Angela Merkel: “Abbiamo una responsabilità permanente per i crimini del nazionalsocialismo, per le vittime della seconda guerra mondiale e, anzitutto, anche per l’Olocausto. Dobbiamo dire chiaramente, generazione dopo generazione, e dobbiamo dirlo ancora una volta – le parole della Merkel – con coraggio, il coraggio civile: ognuno, individualmente, pub impedire che il razzismo e l’antisemitismo abbiano altre possibilità. Noi affrontiamo la nostra storia, non occultiamo niente, non respingiamo niente – ha concluso -. Dobbiamo confrontarci con questo per assicurarci di essere in futuro un partner buono e degno di fede”.

Segnalibro. Esce in Italia Gli ebrei di Colonia (editore Robin) di Wilhelm Jensen, romanzo storico pubblicato nel 1869 e votato a narrare e denunciare gli orrori dell’antisemitismo germanico nel Medioevo. “È un romanzo, quello di Jensen, – scrive oggi sul Fatto Quotidiano Massimo Novelli – che anticipa, con una notevole preveggenza e una straordinaria lucidità di visione storica, ciò che sarebbe avvenuto in Germania negli anni Trenta-Quaranta con Hitler e il nazismo. Nello stesso tempo è una narrazione che ci è vicina proprio adesso, in questi mesi di novelle pandemie, di fronte al mai tramontato razzismo, al cospetto dell’eterno ritorno dell’antisemitismo”.

Le sanzioni agli Assad. È entrato ieri in vigore il Caesar Syria Civilian Protection Act, che dispone nuove sanzioni da parte degli Stati Uniti contro la famiglia Assad, che da 50 anni controlla la Siria. Le misure, scrive il Corriere, probabilmente daranno” il colpo di grazia a un’economia siriana già in ginocchio dopo anni di conflitto. Eppure, nonostante preveda nuove sanzioni statunitensi nei confronti del clan Assad, il provvedimento non sembra ancora scalfire il potere della famiglia al comando da 50 anni, tra odi, intrighi e vendette familiari”.

Daniel Reichel