Specificità e privilegio

A volte parlare di diritti uguali per tutti è meno semplice di quanto sembri perché ciascuno in base alla propria storia e alla propria cultura può avere esigenze specifiche che non sono di altri. Non tutte le religioni, per esempio, prevedono restrizioni alimentari, così come la domenica e le feste cattoliche non comportano i vincoli a cui noi siamo abituati per shabbat e moed. Tuttavia il confine tra la specificità e il privilegio non è sempre evidente, né sempre facile da tracciare; e forse a volte conviene non enfatizzare troppo una specificità pur di evitare il minimo sospetto di privilegio. È imbarazzante rivendicare il nostro diritto legale allo Shabbat di fronte a colleghi costretti a rispondere di domenica a decine di mail o a lavorare durante la festa del santo patrono mentre il resto della città si gode un giorno di vacanza. Sarebbe mille volte meglio se il diritto alla disconnessione per almeno 25 ore alla settimana e il diritto a stare a casa durante le feste religiose fossero comuni a tutti.
Mi rendo conto che può sembrare un accostamento un po’ forzato (anzi, probabilmente lo è), ma a volte ho la sensazione che anche nell’ambito della memoria si corra il medesimo rischio di confusione tra specificità e privilegio: è vero che la Shoah, nella sua tragica unicità, getta bagliori sinistri su tutto ciò che l’ha preceduta, che oggi ci appare come una tragica premessa, ma questo non dovrebbe essere sufficiente per giudicare con diversi pesi e misure (o dare l’impressione di farlo) il razzismo fascista coloniale e quello antisemita, oppure l’antisemitismo di ieri e il razzismo di oggi. E se oggi, dopo ottant’anni di colpevole silenzio finalmente si riconosce la gravità delle leggi razziste antisemite e non si accettano più tanto facilmente giudizi troppo frettolosamente assolutori, non possiamo che augurarci che si faccia luce con altrettanta onestà intellettuale su tutti i momenti più oscuri della storia italiana.
Così come è non solo giusto, ma anche nel nostro interesse che alcuni diritti che ci stanno a cuore siano percepiti come diritti di tutti, allo stesso modo credo che sia nel nostro interesse tenere viva la memoria dell’offesa di chiunque sia stato offeso.

Anna Segre, insegnante

(19 giugno 2020)