“Sconfitta del nazismo,
dai russi il contributo decisivo”
Il Corriere della sera pubblica alcuni estratti di un articolo scritto dal presidente russo Vladimir Putin per i 75 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. “Nella sconfitta del nazismo, qualunque cosa si provi a dimostrare oggi, il principale, decisivo contributo è stato quello dell’Unione Sovietica, dell’Armata Rossa” rivendica Putin in questo intervento, apparso sulle pagine della rivista americana conservatrice The National Interest.
Nell’articolo si parla anche dell’iniziativa russa di indire un vertice che coinvolgerà le cinque potenze nucleari (oltre alla Russia, Usa, Cina, Gran Bretagna e Francia). Un appuntamento che, sottolinea, “avrà un ruolo importante nella ricerca di risposte comuni alle sfide e alle attuali minacce e dimostrerà l’adesione allo spirito di alleanza, a quegli alti ideali e valori umanistici per i quali padri e nonni si sono battuti fianco a fianco”.
Diverse, scrive il Corriere nella presentazione, le tesi controverse sostenute da Putin nel suo saggio. “In particolare, Putin difende l’annessione dei Paesi baltici, invocando a suo sostegno nuovi documenti emersi dagli archivi sovietici e scrivendo ‘che essa fu messa in opera con il consenso delle autorità elette e in conformità al diritto internazionale dell’epoca’. Ma soprattutto accusa le potenze europee (Francia e Regno Unito) di aver concluso dei ‘protocolli segreti’ con il Terzo Reich in margine agli accordi di Monaco del 1938, decretando di fatto la fine dell’intera Cecoslovacchia e non soltanto la cessione dei Sudeti”. Putin accusa poi la Polonia “di complicità con la Germania nazista nei mesi precedenti l’invasione”.
Molti articoli ricordano Zeev Sternhell, lo storico israeliano scomparso nelle scorse ore. “Se solitamente la storia è maestra di vita, per Zeev Sternhell si può forse dire il contrario: è stata la sua stessa vita a dettargli una originale visione della storia” sottolinea Elena Loewenthal sulla Stampa. Per Antonio Carioti (Corriere) “era uno di quegli irregolari del pensiero che sconvolgono le categorie usuali dell’analisi politico-storiografica e che spesso si attirano dure critiche, o anche peggio, dai conformisti di diverso colore”. Gad Lerner, sul Fatto Quotidiano, scrive che “fino all’ultimo si è battuto contro il pensiero reazionario che prendeva piede nel paese che aveva contribuito a edificare, prestando la sua autorevole voce ai movimenti pacifisti e cercando interlocutori laici nella sponda palestinese”.
Tra le notizie di ieri la rimozione dall’incarico dell’ispettore della polizia di Stato in servizio presso il centro di accoglienza di Favara che costrinse due migranti tunisini a schiaggeggiarsi tra di loro, colpendone uno lui stesso. Scrive il Corriere: “L’idea della riservatezza si è dissolta per una forse inevitabile fuga di notizie, ma quando è accaduto la posizione del questore è apparsa determinata puntando all’accertamento della verità”.
Su Repubblica Napoli, in un editoriale firmato dal giurista Luigi Labruna, si esprime consenso per la posizione della Società di storia patria che si è detta contraria al cambio di denominazione del piazzale dello stadio San Paolo (da Vincenzo Tecchio, esponente del fascismo partenopeo, a Giorgio Ascarelli, il fondatore ebreo della squadra di calcio locale). Per molti un’occasione persa. Ma non per Labruna, che per i detrattori di Tecchio chiama in causa il concetto di damnatio memoriae, definendola “pratica insulsa utilizzata soprattutto (seppur non solo) da regimi totalitari” e “l’esatto opposto di ciò che è necessario per tramandare per intero realtà complesse e condannarne in maniera credibile viltà, crimini, razzismi”.
Sul Fatto Quotidiano è presentato da Furio Colombo il libro Shoah dell’arte (ed. Progetto Cultura) scritto da Vittorio Pavoncello. Un volume che, spiega Colombo, documenta la “vastità dello scempio di cultura e di irruzione distruttiva nella vita degli artisti e dell’arte”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(22 giugno 2020)