Zeev Sternhell, un modello di pensiero

Zeev Sternhell è scomparso nei giorni scorsi in Israele. Riconosciuta autorità internazionale negli studi sulle origini del fascismo e dei nazionalismi, appartiene a quella schiera di storici israeliani la cui famiglia o essi stessi avevano subito la Shoah in Europa. È stato così per Yehuda Bauer (Praga 1926), per David Bankier (Zeckendorf 1947 – Gerusalemme 2010) per Israel Gutman (Varsavia 1923 – Gerusalemme 2013), tutti provenienti dal buio della violenza e della sofferenza, tutti protesi verso l’obiettivo fondamentale di ricrearsi una vita normale in Israele dove esprimere il proprio essere e le proprie idee, tutti decisi a fare domande al passato per trovare spiegazioni per ciò che era successo a loro stessi, alle famiglie, alle comunità ebraiche distrutte.
Ho conosciuto Zeev nel 1984 al primo grande convegno scientifico sulla Shoah che si svolse in Europa. L’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales aveva deciso di riunire a Parigi il fior fiore degli studiosi di tutto il mondo per fare il punto della situazione degli studi sulla materia e per una riflessione, possibile dopo tanti anni dalla fine della guerra, su alcuni punti fondamentali di quel tragico avvenimento. Quali erano le interpretazioni possibili del fenomeno nazista; perché l’obiettivo dello sterminio degli ebrei era stato adottato, politicamente e ideologicamente, e in maniera così radicale; quale macchina organizzativa era stata messa in piedi all’uopo; se la guerra ebbe un ruolo di acceleratore del genocidio; se questo era stato progettato a priori, oppure venne in agenda gradatamente nel corso dell’affermazione del nazismo, se, cioè, i responsabili nazisti avevano intenzione, fin dal suo nascere, di realizzare ciò che andavano proclamando con gli altoparlanti (teoria degli storici detti intenzionalisti) o se il genocidio fu il frutto di iniziative locali legate ad esigenze del momento e venne riorganizzato ed unificato ad un certo punto del corso della storia (teoria degli storici detti funzionalisti).
Come specialista di storia della Shoah in Italia ebbi la fortuna di essere invitata, come uditrice a quel convegno. Di colpo fui catapultata in un mondo straordinario e inusuale per me. Al mio arrivo alla reception in albergo incrociai l’americano Raul Hilberg (autore dello studio di base sulla Shoah: The Destruction of the European Jews) che mi porse la mano dandomi il benvenuto; dopo due minuti passò Pierre Vidal Nacquet che mi chiese come stavano andando i miei studi in Italia. Dopo mezz’ora mi ritrovai come in quel film di Woody Allen “Midnight in Paris” dove il protagonista americano passa una notte, forse sognando, forse no, incontrando, ammirato, i grandi pittori e intellettuali di Montmatre: da Picasso a Gertrud Stein, da Modigliani a Braque.
Il colmo della soddisfazione fu essere invitata a unirmi per il pranzo con Sternhell e pochi altri. Ebbi modo di conoscere la profondità del suo pensiero e la sua grande umanità, mi parlò del suo prossimo intervento al convegno. Scrivo qui quel che me ne ricordo. Disse che le teorie evoluzioniste ottocentesche di Darwin avevano giocato un ruolo fondamentale sul pensiero europeo del Novecento, sull’evoluzione reazionaria anti-liberale, anti-razionalista e anti-individualista della fine del XIX° secolo. Il principio dell’evoluzione della specie o della selezione naturale vennero, dopo la sua morte, abbondantemente utilizzate nelle scienze storiche e sociali avendo per effetto immediato di desacralizzare la persona umana e di identificare vita sociale e vita fisica. Per il cosiddetto “darwinismo sociale”, la società è un organismo sottomesso alle stesse leggi degli organismi viventi, la realtà dell’uomo si riduce a una lotta incessante, nella quale l’obiettivo è la sopravvivenza del più adattabile all’ambiente. In questa visione, il mondo appartiene al più forte, si tratterebbe di una legge naturale, scientificamente fondata, cosa che gli fornirebbe una giustificazione assoluta. Fu così che, molto rapidamente, il darwinismo sociale e politico identificò evoluzione con progresso. Applicate alla società, le ipotesi di Darwin cessarono di costituire una teoria scientifica per diventare una filosofia, quasi una religione. Mi spiegò che all’inizio del ‘900 si erano create nuove visioni del mondo, nuove concezioni di rapporti umani e nuove discipline in cui la teoria della società, mutuata da Darwin, si poteva sposare al razzismo, facendone un mix esplosivo per qualsiasi gruppo umano si volesse prendere di mira e si volesse considerare inferiore, inutile e nocivo. Sulle teorie del Darwinismo sociale, il suo determinismo psicologico, il suo relativismo morale e il suo estremo irrazionalismo prosperò in Germania l’idea nazionalsocialista. Solo così, convincendosi che gli ebrei sono i più attrezzati alla lotta per l’esistenza, i più dotati nel commercio e nell’attività intellettuale e i più determinati a conquistare l’Occidente, il Nazismo poté proporre e fare accettare il loro sterminio.
Fui fortemente impressionata dalle parole di Sternhell, che non ho mai dimenticato e questo ricordo sia un omaggio alla sua grande capacità di pensiero, al suo senso della giustizia sociale e a tutti i segni positivi che ha lasciato di sé.

Liliana Picciotto