La politica estera della Russia

Il Corriere della Sera di lunedì 22 giugno ha pubblicato, sotto il titolo “Un vertice dei 5 Paesi nucleari”, estratti di un articolo di Vladimir Putin scritto in occasione dei 75 anni della fine della II guerra mondiale e pubblicato su una rivista americana, “The National Interest”. È interessante notare che è stata la stessa Ambasciata russa a Roma a inviare al “Corriere” l’articolo, addirittura “con preghiera di pubblicazione”. Insomma, i russi vogliono che in Italia si sappia quali sono i loro programmi politici. In realtà il Corriere pubblica con ampiezza un solo estratto – quello relativo alla rivendicazione, da parte della Russia, del suo ruolo nella sconfitta della Germania nazista – che sfocia nella proposta di un vertice tra i cinque Paesi nucleari (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia) per riprendere, sembra di capire, la collaborazione interrotta dalla guerra fredda.
Già questa proposta appare singolare per più versi. Intanto – anche lasciando da parte Israele – anche India e Pakistan sono Paesi nucleari. Poi è da rilevare che in tutto l’estratto dedicato alle vicende della II guerra mondiale non si dedica una parola alla Francia, che rispunta alla fine come partner del possibile vertice. Inoltre, se con questa eccezione ci si allontana dalla pura e semplice riproposta delle potenze di Yalta come direttorio mondiale con l’aggiunta inevitabile della Cina, allora non si capisce perché si ignori il ruolo, non dico dell’Italia ma almeno della Germania, e, a maggior ragione, dell’Unione Europea.
Ma non sono questi i punti più rilevanti. Le cose più interessanti dell’articolo di Putin si trovano altrove, cioè nell’introduzione di Paolo Valentino dal titolo “Ma sull’invasione dei Paesi Baltici e della Polonia le opinioni restano distanti”. Nell’articolo si riportano, riassunti o tra virgolette, altri passi dello scritto di Putin che meritano la massima attenzione. Si tratta in realtà di un ritorno puro semplice alle tesi dell’Unione Sovietica stalinista sulle origini della II guerra mondiale e sulla liceità di alcuni atti compiuti dall’Urss. Vediamoli per punti:
La responsabilità del Patto Molotov-Ribbentrop vanno fatte risalire ai Paesi occidentali, in particolare alla Gran Bretagna e alla Francia che trattavano segretamente con la Germania al fine di aggredire l’URSS.
I Paesi occidentali sono responsabili anche dello smembramento della Cecoslovacchia perché, in margine all’incontro di Monaco, avevano concluso protocolli segreti con la Germania che autorizzavano quella soluzione.
La Polonia è anch’essa responsabile della spartizione conseguente al patto Molotov-Ribbentrop perché nei mesi precedenti lo scoppio della guerra fu complice della Germania.
Infine la ciliegina sulla torta che, giustamente, Paolo Valentino colloca all’inizio del suo articolo: l’annessione alla Russia dei Paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania), conseguente al patto Molotov-Ribbentrop, secondo Putin “fu messa in opera con il consenso delle autorità elette e in conformità al diritto internazionale dell’epoca”.
Questo cumulo di menzogne – e in particolare quella sull’annessione dei Paesi baltici – costituisce la ripetizione senza alcuna modifica delle tesi di Stalin sugli eventi che portarono alla II guerra mondiale. Come rileva Valentino, Putin così si rimangia anche un suo articolo del 2009, pubblicato su un quotidiano polacco, nel quale condannava il patto Molotov-Ribbentrop e la conseguente spartizione della Polonia.
L’articolo di Putin merita una grande attenzione per una evidente ragione: Vladimir Putin non fa di mestiere lo storico, guida ininterrottamente da venti anni una grande potenza nucleare e, presumibilmente, continuerà a guidarla per un tempo prevedibilmente lungo. Il suo articolo perciò non è una proposta di apertura di un dibattito storiografico (che in realtà va avanti da decenni) sulle origini della II guerra mondiale e sulle responsabilità dei vari Paesi. Il suo è, con tutta evidenza, un programma politico perché questo è il mestiere di Putin, quello di enunciare e, se possibile, realizzare programmi politici.
Ciò non significa naturalmente che domani mattina Putin ripeterà il gesto maramaldesco di Stalin occupando i Paesi baltici. Significa tuttavia che, strategicamente, Putin considera quei Paesi – nei quali, in particolare in Estonia e Lettonia, vivono forti minoranze russofone – parte dell’area di influenza della Russia. A questa rivendicazione si aggiunge quella sull’Ucraina, che tuttavia non viene citata perché altrimenti si sarebbe dovuta mettere in rilievo l’avversità degli ucraini al regime sovietico negli anni 1941-1944; in ogni caso, come sappiamo, nei confronti dell’Ucraina Putin ha già cominciato a mettere in atto la sua politica revisionistica e revanscista annettendosi senza colpo ferite la Crimea e aprendo un conflitto armato nel Donbass. Non viene citata nemmeno la Moldavia, divisa di fatto in due Stati di cui uno, la Transnistria, russofono e sotto il controllo russo.
Se le cose stanno come le espone il “Corriere della Sera”, e non c’è ragione per dubitarne, almeno una considerazione si impone: Estonia, Lettonia e Lituania fanno parte della NATO e dell’Unione Europea. Chi conosce questi Paesi sa che vi esiste una fortissima inquietudine per la minaccia russa; la Lituania ha addirittura ripristinato nel 2015 il servizio militare obbligatorio.
Di fronte a prospettive di tal genere, non solo tutta la politica estera della Russia – compresa quella mediterranea e verso il Medio Oriente – dovrebbe essere guardata con molto realismo – ma sul piano strategico-militare è necessario che l’Unione Europea si affianchi nella difesa dei Paesi baltici agli Stati Uniti che hanno già impegnato in quell’area, nell’ambito della Nato, alcuni contingenti militari.

Valentino Baldacci

(25 giugno 2020)