Esiste un razzismo giustificabile,
lo pensa un terzo degli italiani

Le proteste negli Stati Uniti dopo l’uccisione di George Floyd hanno riaperto un confronto internazionale sul tema del razzismo. Ogni paese ha i suoi problemi a riguardo e le sue specificità. È però importante guardarsi allo specchio e chiedersi cosa pensiamo noi italiani del nostro paese e di noi stessi: esiste un problema di razzismo in Italia? Riteniamo inammissibile ogni forma di discriminazione o per alcune facciamo un’eccezione? A riguardo vale la pena prendere in mano i dati dell’ultimo radar Swg sulla percezione degli italiani in queste settimane di emergenza sociosanitaria. Nell’ultima indagine, l’istituto triestino ha scelto di fare un approfondimento sul tema del razzismo e i dati che emergono sono inquietanti: più di tre italiani su dieci ritengono determinate forme di razzismo o discriminazione giustificabili (a onor del vero, una dato stabile rispetto alla scorso anno ma che dimostra ancora una volta la falsa speranza che dall’emergenza saremmo usciti tutti migliori). “L’elettorato italiano tende a negare la giustificabilità di qualsiasi forma di razzismo – ha spiegato il direttore di ricerca di Swg Riccardo Grassi nel video pilpul andato in onda ieri sera – il 69% alla nostra domanda ‘secondo lei, determinate forme di discriminazione e razzismo (contro alcune etnie, religioni, orientamenti sessuali…) possono essere giustificate?’ ha risposto di no. Ma dall’altra parte c’è un 31% che non esclude a priori la possibilità di applicare discriminazioni” verso determinate minoranze. La domanda che rimane aperta rispetto a quel 30% – che a sua volta è il risultato della somma di chi ritiene giustificabili le discriminazioni “solo in pochi specifici casi” (9%), “dipende dalle situazioni” (16%), “nella maggior parte dei casi (5), sempre (1%) – è quali discriminazioni possano essere giustificate e a chi dovrebbero essere applicate, tenuto conto che sarebbero tutte violazioni dell’articolo 3 della nostra Costituzione.
Per una significativa maggioranza degli intervistati (59%) poi molti italiani sono razzisti ma non lo dicono: cioè c’è un problema di pregiudizio sommerso, non esplicitato. “È un po’ l’idea che sono sempre gli altri ad essere razzisti e discriminatori”, spiega Grassi, sottolineando come in generale il problema del razzismo sia percepito in Italia come inesistente (12%) o comunque marginale (50%) seppur una minoranza consistente (38%) lo consideri invece sistematico. Tra questi ultimi, i più in allarme sono i giovani: il 64% di chi ha tra i 18 e i 24 anni pensa che gli atti discriminatori siano una costante della nostra società ed evidenzia una certa preoccupazione.
Dall’Italia poi le proteste statunitensi di questi giorni contro le discriminazioni nei confronti della popolazione afroamericana sono ritenute condivisibili ma in parte eccessive. Solo il 16% le ritiene inopportune. La protesta non deve inoltre passare attraverso lo sfregio di statue e simboli che elogiano figure storiche connesse alla segregazione razziale: sono personaggi storici e vanno contestualizzati al periodo in cui sono vissuti, l’opinione maggioritaria.
Analizzando questi elementi, Grassi sottolinea come “la sensazione è che manchi una figura di riferimento in grado di portare avanti un cambiamento culturale”. Per il momento, guardando indietro, la retorica precedente all’emergenza sanitaria contro i migranti sembra essere scomparsa dai radar: “è un po’ ricomparso il tema ma in positivo quando si è scoperto che rischiavamo di perdere le coltivazioni agricolo se nessuno andava a raccoglierle e quindi si è un po’ sollevata la questione della manodopera straniera e della sua regolarizzazione. In negativo però potrebbe facilmente tornare: la notizia con una nave di migranti salvati in mare e positivi al Covid-19 potrebbe fare da detonare per nuove tensioni”.
Rispetto all’antisemitismo e alla preoccupazione che con l’acuirsi della crisi riemerga in modo ancor più serio, Grassi ricorda come “i dati precovid già non erano molto positivi a livello mondiale ed italiano. Io ho l’impressione che la furia iconoclasta di cui siamo stati adesso testimoni, seppur provenga da una parte politica specifica, abbia la stessa radice di incapacità a coesistere”, di chi per esempio considera legittime alcune discriminazioni. “Questa rabbia distruttiva è molto preoccupante e temo che con l’avvicinarsi dell’autunno il problema diventi ancora più serio”.