Il virus e le minoranze a rischio

In Brasile il Covid-19 ha minacciato soprattutto i popoli nativi dell’Amazzonia, grazie anche alla deforestazione intrapresa da Jair Bolsonaro e al suo disinteresse nell’affrontare l’emergenza. Non troppo diversamente è accaduto nel resto del continente latino americano, in Ecuador, Colombia e Perù, a causa dell’isolamento, della mancanza di strutture sanitarie adeguate, e di un sistema immunitario più fragile rispetto all’attacco di agenti patogeni esterni, la pandemia ha accentuato come altrove le già esistenti diseguaglianze e discriminazioni istituzionali tra gruppi minoritari. Le organizzazioni indigene dell’Amazzonia hanno indicato che tra queste popolazioni il tasso di mortalità sarebbe più alto del 150%.
Negli Stati Uniti è stato notato che gli afroamericani hanno avuto più probabilità di contrarre il virus rispetto alla popolazione “bianca”. Nel sud del paese già da aprile, il 70% dei decessi riguardava la popolazione afroamericana, ad esacerbare il rischio le condizioni di vita più sfavorevoli, come degrado urbano e povertà, e copertura sanitaria bassa o assente. In Israele e ancora negli Stati Uniti, il Covid-19 ha colpito poi ferocemente le comunità haredi, le quali vivono in quartieri poveri, densamente abitati e sarebbero più restii, come altre minoranze citate, al distanziamento sociale. A metà aprile i media haredi, secondo Time of Israel, avevano riportato oltre 700 morti nella sola New York City. Nel Regno Unito secondo il Board of Deputies of British Jews oltre 500 ebrei sarebbero morti di Covid-19, cifra corrispondente a circa l’1,2% delle morti totali di coronavirus nel paese, nonostante gli ebrei costituiscano solo lo 0,4% della popolazione britannica. Tanto che uno studio dell’Ufficio nazionale di statistica britannico ha rivelato in questi giorni che gli ebrei, insieme ai musulmani ed altri gruppi minoritari, avrebbero il doppio di probabilità di morire di coronavirus rispetto al resto dei britannici. Così come nel resto del mondo, il Covid-19 ha messo a rischio soprattutto popolazioni più ai margini, come anche i detenuti, gli immigrati nei campi profughi e nei centri di detenzione, per non parlare poi del pregiudizio e della xenofobia subita da cittadini di origine asiatica e cinese, specie all’inizio della pandemia. In merito ai dati ebraici, chissà se questo aiuterà almeno a comprendere che gli ebrei non rappresentano un élite composta da magnati della finanza e non sono certo un gruppo più privilegiato ed immune rispetto ad altri.

Francesco Moises Bassano