Il forum dell’American Jewish Committee
Dal Medio Oriente alle elezioni Usa,
un confronto pacato e civile

Un immancabile effetto collaterale dell’emergenza Covid e dei lockdown è stato il drammatico passaggio da incontri e forum faccia a faccia a conferenze virtuali che hanno moltiplicato enormemente il numero di partecipanti. L’American Jewish Committee non fa eccezione. L’incontro a Berlino, nel 75esimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale, sarebbe dovuto essere un evento di importanza storica per questa organizzazione ebraica fondata 114 anni fa. Ma l’avvento del coronavirus l’ha trasformato in un incontro virtuale internazionale di grande rilievo.
Per quattro giorni si sono svolti dibattiti civili e pacati (un raro fenomeno di questi tempi) che hanno visto illustri leader diplomatici e religiosi di tutti gli schieramenti politici esprimere idee spesso in contrasto tra loro. Capi di Stato, primi ministri, ministri degli Esteri e autorità religiose mondiali, nonché i principali esponenti dei diversi punti di vista sulle questioni politiche internazionali, si sono confrontati in uno scambio di idee che non è mai scaduto di tono. Il programma si è svolto in armonia con la ferma convinzione dell’Ajc di una azione sempre imparziale, volta a salvaguardare il popolo ebraico e tutte le altre minoranze dalla discriminazione e dalla persecuzione, e a sostenere i valori democratici fondamentali di uguaglianza, libertà e giustizia. Allo stesso tempo, l’Ajc difende il diritto di Israele ad esistere nella sicurezza e nella pace, i principi della libertà di pensiero, e si sente in dovere di ascoltare tutte le opinioni rilevanti presenti nel mercato delle idee.
Nel ribadire l’opposizione dell’Ajc ad escludere qualunque opinione contraria, David Harris, ceo dell’organizzazione, ha affermato: “Dobbiamo far incontrare le persone tra loro senza escludere le controparti, e riconoscere che ci possono essere più punti di vista. Si può essere in disaccordo con un pubblico ufficiale, ma egli si occupa di questioni per noi vitali. Pertanto dobbiamo dialogare”.
Tra gli oratori, che intrattengono tutti relazioni con l’Ajc, erano presenti autorità religiose internazionali come Mohammad bin Abdualkarim al-Issa, Segretario generale della Lega Mondiale Musulmana; Anwar Gargash, Ministro di Stato per gli Affari Esteri degli Emirati Arabi Uniti e Bawa Jain, Segretario generale del Consiglio Mondiale dei Leader Religiosi. Tutti hanno dichiarato il loro profondo impegno per il futuro del popolo ebraico, per preservare la memoria della Shoah e rafforzare le relazioni basate su valori comuni. Il ministro degli Affari Esteri degli Emirati Arabi Uniti Anwar Gargash, i cui Emirati, nonostante i disaccordi politici e l’assenza di relazioni diplomatiche, coltivano relazioni continue con Israele e il dialogo interreligioso. In Qatar è stato recentemente inaugurato un complesso edilizio con una chiesa, una sinagoga e una moschea.
Tra i capi di Stato erano presenti Angela Merkel, Cancelliere Federale della Germania; Mike Pompeo, Segretario di Stato americano; Kyriakos Mitsotakis, Primo Ministro della Grecia; Edi Rama, Primo Ministro dell’Albania; Benhamin Gantz, Primo Ministro aggiunto e ministro della Difesa di Israele, Heiko Mass, ministro degli Esteri della Germania; Ambasciatori e parlamentari di spicco come il tedesco Wolfgang Ischinger. L’ambasciatore Dore Gold – navigato diplomatico israeliano e Merev Michaeli del partito laburista che si sono confrontati da posizioni molto diverse su “Il futuro della Cisgiordania”, mentre altre questioni controverse come “Il dibattito sul ‘Hate Speech’: il discorso libero deve essere limitato?”, e “Elezioni USA 2020: Discutere i valori e gli interessi americani” sono state affrontate civilmente, le prime da Dan Shefet e Natine Straussen, le seconde da Antony Blinken del partito democratico, ex Vice Segretario di Stato del Presidente Obama, e KT McFarland del partito repubblicano, Vice Consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti (autore di “Revolution: Trump, Washington e ‘We the People'”) .
Il deputato afroamericano Cory Booker ha dato un resoconto commovente e molto personale della discriminazione razziale negli Stati Uniti, mentre è stato annunciato che per espandere ulteriormente gli sforzi dell’Ajc per combattere il razzismo, saranno istituiti due nuovi uffici regionali a Louisville, nel Kentucky, e nelle città gemelle di Minneapolis e St. Paul, in memoria di George Floyd e Breonna Taylor, entrambi recentemente assassinati dalla polizia. Questo sarà un ulteriore passo avanti, dopo che l’Ajc ha annunciato al Global Forum dello scorso anno la formazione del “Congressional Caucus for Black Jewish Relations” e della “Community of Conscience”.
“La democrazia non è così solida e stabile come la gente potrebbe pensare”, ha detto David Harris. “Ha bisogno di essere difesa con vigore ogni giorno”.
Nella sessione inaugurale di domenica 14 giugno, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha confessato di essere “profondamente commossa dal fatto che l’Ajc avesse in programma di tenere il suo Global Forum a Berlino, per di più nel 75esimo anno dalla fine della Shoah – il tradimento di tutti i valori civili”. La Merkel ha ricordato che l’Ajc è stata la prima organizzazione ebraica a stabilire un contatto con la nascitura Repubblica Federale Tedesca dopo l’Olocausto, da lei definito “il più terribile crimine mai perpetrato contro l’umanità”.
David Harris ha riassunto la logica del sostegno di Ajc alla Germania instaurato così rapidamente dopo la fine della seconda guerra mondiale e delle continue relazioni che hanno portato alla decisione di tenere il Global Forum di quest’anno a Berlino. In un’intervista a “Die Welt” ha dichiarato che “sulla scia della tragedia senza precedenti dell’Olocausto, era tutt’altro che ovvio che un gruppo ebraico cercasse di coinvolgere la Germania del dopoguerra. Ma questo è esattamente ciò che l’Ajc, unica tra le organizzazioni ebraiche mondiali, ha fatto. […] Perché? Non è stato certo per mancanza di comprensione di ciò che è accaduto durante i 12 anni di regno del Terzo Reich. […] Piuttosto, è stato per una semplice ragione: i leader dell’Ajc avevano capito che la Germania non poteva semplicemente scomparire, così come non poteva essere trasformata in un paese agricolo in uno stato permanente di debolezza, come volevano alcuni funzionari americani che tentarono senza successo di persuadere la Casa Bianca all’epoca. Prima o poi la Germania sarebbe riemersa sulla scena europea e mondiale. Questa Germania sarebbe stata di nuovo una nazione tirannica e aggressiva che scatena altre guerre, o sarebbe stata un paese democratico e pacifico che coopera con i suoi vicini e contribuisce ad un mondo più stabile? La risposta era tutt’altro che ovvia negli anni Quaranta. I leader dell’Ajc di allora capirono il fatto essenziale: che non potevano rimanere in disparte ad osservare lo svolgersi della Storia…”
“Nei successivi settant’anni, passo dopo passo, si è svolta una storia straordinaria. È iniziata con il progetto, con l’aiuto delle autorità dell’Occupazione americana, di introdurre programmi per la popolazione tedesca sui temi della democrazia, il rispetto reciproco, la de-nazificazione e l’antisemitismo”. Harris ricorda che non è stato facile e che c’era ancora molta opposizione: “…non tutti i tedeschi erano disposti a rinunciare da un giorno all’altro all’ideologia […] o a prendere lezioni dagli americani, tanto meno dagli ebrei americani”.
“Ma con il passare del tempo, e con l’aiuto di leader illuminati, tra cui in particolare il cancelliere Konrad Adenauer, sono stati conseguiti i primi segnali di progresso”.
La filosofia dell’Ajc, che consiste nel coinvolgere quei leader e quelle forze aperte al dialogo e di costruire alleanze durature e fruttuose basate su valori comuni, anche laddove la maggioranza generale appare cupa e ostile, è stata messa in atto con successo in molte circostanze nella convinzione che, nutrendo le scintille, la luce possa diffondersi in aree sempre più ampie.
In questo contesto il Virtual Global Forum accoglie anche alcune notevoli testimonianze dal mondo arabo e islamico. Alla cerimonia di apertura Mohammad al-Issa ha raccontato di aver guidato di recente una delegazione di 62 studiosi musulmani di alto livello, provenienti da oltre 28 Paesi diversi, ad una visita ad Auschwitz insieme ai leader dell’Ajc. “In quella memorabile giornata” , ha detto, “sono stato al fianco dei miei fratelli musulmani ed ebrei, uniti nella determinazione, e ho detto: Mai più. Gli orrori della Shoah non devono mai ripetersi o essere dimenticati”. Ha dichiarato che ebrei e musulmani devono unirsi per combattere l’antisemitismo, l’islamofobia e tutte le forme di discriminazione e di violenza contro chiunque. “Possediamo dei valori intrinseci, intrinsecamente comuni, che ci legano come esseri umani, indipendentemente dalla razza, dalla religione, dal sesso, dalla nazionalità, dall’etnia o da qualsiasi altra categoria. Conosciamo fin troppo bene il pericolo rappresentato dagli estremisti di ogni tipo che cercano di sfruttare l’instabilità per promuovere l’odio e la violenza… L’unico modo per sconfiggere questo nemico comune è quello di unirci e di agire come un tutt’uno, costruendo ponti di dialogo e di cooperazione guidati da una logica che sia equa ed esaustiva”.
Anwar Gargash si è rivolto al Forum sul tema di “un nuovo Medio Oriente” che, secondo lui, può essere realizzato solo includendo Israele nonostante le differenze politiche, e dando così l’esempio agli altri Paesi arabi. L’Ajc mantiene relazioni continue con gli Emirati Arabi Uniti. Una recente intervista con l’ambasciatrice degli Emirati Arabi Uniti all’Onu (che ha ricevuto il dottorato di ricerca in studi ebraici) può essere trovata sul sito internet dell’Ajc sotto la serie di webinar “Advocacy Anywhere”.
Ad introdurre le varie sessioni sono state le commoventi e concise testimonianze dei leader e dello staff dell’Ajc che, da figli e nipoti dei sopravvissuti alla Shoah, raccontano le loro storie di famiglia. La sezione si chiama “1933 – 45. Tre generazioni ricordano”. Il presidente dell’Ajc, Hariett Schleifer, nel ricordare le sofferenze di guerra dei suoi genitori ha rivelato che l’impegno di tutta la sua vita è stato plasmato da questi ricordi e dal bisogno che sente di agire per difendere il popolo ebraico insieme a tutti gli altri che hanno bisogno di difese contro le ingiustizie. Un impegno presente nelle testimonianze di tutti.

Lisa Billig, rappresentante in Italia e di Collegamento presso la Santa Sede dell’Ajc – American Jewish Committee

(28 giugno 2020)