Lo speciale Unorthodox
Se Berlino diventa un cliché
Delusi e disorientati dalle banalità che le serie televisive riversano come un fiume in piena nei nostri occhi? Dagli stereotipi sulla vita e l’identità ebraica?
Certo c’è molto da dispiacersi. Ma a quanto pare si tratta di un male inevitabile. Le produzioni televisive, infatti, si nutrono precisamente di questi stereotipi, e la realtà ebraica non è l’unica vittima.
Un problema che riguarda tutti i giganti della produzione. Le immagini delle città che fanno da scenario alle storie a puntate, infatti, devono essere sempre immediatamente riconoscibili. Quando qualcuno alza il braccio per strada e ferma un taxi giallo? Sai benissimo che siamo a New York. Qualcuno sfreccia davanti a una fontana con la Vespa? Siamo a Roma. Quando le persiane di una casa si aprono alla luce del mattino, allora è Parigi. E se si balla in un club hard techno che pare scavato in una caverna e si trova in un vecchio edificio industriale allora abbiamo inevitabilmente a che fare con Berlino. Ecco come dal buco della serratura delle serie tv si vede un viaggio a Berlino. Una ragazza arriva all’aeroporto, attraversa la città e finisce in un caffè hipster. Poi incontra alcune persone simpatiche e assieme si dirigono su uno dei grandi laghi, diciamo al Wannsee, per farsi una nuotata. Di sera si va tutti al techno club. Naturalmente da questi incontri nasceranno grandi amicizie. Insomma, è inevitabile che la ragazza voglia rimanere a Berlino, godersi la città.
Questa è la storia di Unorthodox, una delle serie Netflix più seguite della stagione. O almeno parte della storia. L’altra parte racconta come Esty, il personaggio principale, sia in fuga dal suo ambiente di provenienza, il mondo degli ebrei ortodossi di Brooklyn.
La serie è stata creata sulla base del racconto della scrittrice Deborah Feldman, che descrive la storia della sua stessa emancipazione. Berlino appare solo brevemente alla fine. Il fatto che una mutazione che ha richiesto molti anni nella vita reale possa essere abbreviata in pochi giorni nella serie sembra un’asscurdità. Ma ancor più che raccontare la vita della Feldman – o piuttosto il personaggio principale Esty, che è modellato su di lei – Unorthodox mostra qualcosa di completamente diverso: l’immagine distorta della capitale tedesca.
I creatori della serie sostengono di aver voluto tratteggiare un’immagine di Berlino come “aspirazionale” e hanno raccontato una città in cui puoi seguire i tuoi sogni, dove puoi diventare ciò che credi di essere. E in effetti il cliché di Berlino caro a masse di giovani di tutti i continenti non consiste solo di persone provenienti da tutte le parti del mondo che ti accolgono calorosamente. Al centro di questo cliché c’è anche una storia: la storia di scoprire e ritrovare se stessi a Berlino.
“Non ho mai visto niente del genere”, mormora incantata Esty sul bordo della pista da ballo con i suoi nuovi amici. È la grande promessa del cliché di Berlino: città apre gli occhi alle persone che ci arrivano. E il luogo indispensabile dove avviene questo miracolo è il club techno.
Del resto succede altrettanto anche in Beat, una serie che gira su Amazon Prime che racconta di un gestore di club coinvolto in affari di armi che vedono coinvolto il suo partner e anche un poco traffico illegale di organi. In Dogs of Berlin, una serie di mafia di discreto successo su Netflix, non bisogna aspettare più di 14 minuti prima che l’azione porti a un club techno. Nella quinta stagione di Homeland, che si svolge a Berlino, il club techno manca, ma l’apparizione in un talk show dell’attrice protagonista Claire Danes ha fatto il giro del mondo, perché qui racconta le sue esperienze a Berghain, uno dei sacrari delle notti più o meno immaginarie berlinesi.
Un club techno di Berlino appare anche nella serie di fantascienza Counterpart. E anche in Berlin Station, una serie di spionaggio attorno a un ufficio segreto della Cia. Non parliamo poi di Babylon Berlin, una serie che in realtà dovrebbe raccontare della caduta della Repubblica di Weimar, ma dipinge un quadro della capitale tedesca che può essere veramente compreso solo nel quadro della Berlino di oggi. Il paradosso è che nel mondo del turismo low cost i locali notturni sono stati la forza trainante che ha reso la capitale tedesca così attraente e senza i turisti molti di questi locali non avrebbero potuto sopravvivere. E la nota stonata è che la storia è appena terminata. Il momento che segna la svolta finale dell’estetica di Netflix è anche la caduta della Berlino di cui si parla. La pandemia, infatti, ha necessariamente determinato anche la morte della vita notturna. Ma poco male, per chi si nutre di stereotipi cambia davvero poco.
Speciale Unorthodox – Pagine Ebraiche giugno 2020
(28 giugno 2020)