L’ebook realizzato da Gariwo
Storie di sport, storie di scelte

Ci fu chi si oppose al nazifascismo e chi contro altri despoti e regimi. Chi ha lottato e continua a lottare contro il razzismo e per i diritti umani. Chi è un esempio di fair play e tifo positivo. Le loro storie sono raccontate nell’ebook di prossima uscita I Giusti dello sport, curato da Joshua Evangelista e dalla redazione di Gariwo – La foresta dei Giusti. Da Johann Wilhelm Trollmann a Emil Zatopek, da Vera Caslavska a Yusra Mardini: nomi più e meno noti a comporre un affresco variegato di situazioni, problematiche, discipline. Con la speranza che questa raccolta, come scrive Evangelista, “possa generare non solo riconoscenza verso gli autori di questi atti di coraggio, ma soprattutto una spinta alla riproposizione di tali comportamenti virtuosi.
A concludere il volume è la Carta dello sport ideata da Gariwo e sottoscritta da decine di squadre, atleti, giornalisti sportivi e organizzazioni di tifosi. Si intitola “La contesa buona. Proposte per uno sport responsabile” ed è stata presentata lo scorso autunno a Milano in occasione dell’ultima edizione di GariwoNetwork. “Come la storia ha insegnato – vi si legge – qualche volta lo sport può salvare il mondo, perché i comportamenti degli atleti, dei tifosi e anche dei giornalisti sportivi possono influenzare positivamente la vita democratica nelle nostre società. Esercitare lo sport con uno spirito olimpico aiuta la pace, la convivenza e semina il bene tra gli esseri umani”.
(Nell’immagine il cestista turco Enes Kanter, fiero oppositore di Erdogan: nel libro si racconta anche la sua storia)
I giusti dello Sport
Una delle foto più iconiche dello stretto rapporto tra sport e società civile è senza ombra di dubbio quella del podio delle Olimpiadi di Città del Messico del 1968. Al primo e terzo posto ci sono i due velocisti afroamericani Tommie Smith e John Carlos. Hanno il pugno alzato in segno di protesta contro i soprusi che la popolazione nera subisce negli Stati Uniti. Al secondo gradino c’è invece il meno noto Peter Norman, australiano, che per solidarietà ai due corridori statunitensi anche lui è salito sul podio con lo stemma del Progetto olimpico dei diritti umani. “Sto con voi, perché si nasce tutti uguali e con gli stessi diritti” spiega Norman, come riportato in questo volume all’interno del bel racconto di Gianni Mura.
La scelta di Norman, Smith e Carlos è una scelta di responsabilità e di umanità. Ma anche di coraggio. Del resto, sotto il podio Payton Jordan, capodelegazione della squadra statunitense dice che “se ne pentiranno per tutta la vita”.
Questo libro nasce dalla necessità di ricordare quegli sportivi che, come i tre corridori di Messico ’68, consapevolmente o non, ma sempre con coraggio e controcorrente, attraverso le loro attività agonistiche hanno promosso la pace e, più in generale, un’idea di mondo inclusiva ed equa.
Da più di venti anni Gariwo – La foresta dei Giusti è impegnata a preservare e diffondere gli esempi di queste figure attraverso agorà fisiche, come i Giardini dei Giusti, e digitali. In che modo questa ricerca può intersecarsi con il mondo dello sport?
In primo luogo è importante rimarcare il valore sociale dello sport. Scrive il sociologo Nicola Rinaldo Porro che lo sport è “una straordinaria lente del mutamento sociale, in quanto manifestazione espressiva, stile di vita, modello di comportamento, veicolo comunicativo, ideologia, passione popolare, tecnologia, chiacchiera quotidiana. Si tratta allora di approfondire l’intuizione di quei pionieri senza seguaci che, sulle orme di Marcel Mauss, si sono spinti a descriverlo come un fatto sociale totale, capace di mettere in luce la trama sotterranea che regola le relazioni collettive” (Nicola Rinaldo Porro, Lineamenti di sociologia dello sport, Carocci editore, 2001). In quanto fatto sociale totale, lo sport è un modo di agire, di pensare e di sentire “esterni all’individuo, eppure dotati di un potere di coercizione in virtù del quale si impongono su di lui” (Emile Durkheim, Le Regole del Metodo Sociologico, 1895). Questo potere ha talvolta la facoltà di influire, se non addirittura cambiare, l’esito della storia.
È il motivo per cui le grandi dittature hanno sempre posto un’attenzione maniacale verso l’attività sportiva (si prenda ad esempio la cura con cui sono state organizzate le Olimpiadi del 1936 a Berlino, con l’obiettivo di costruire un clima di partecipazione collettiva che esaltasse il moderno eroe tedesco, una sorta di rivisitazione nazista dell’ideale dell’agone greco). Ed è anche il motivo per cui l’evento sportivo può diventare il palcoscenico per denunciare grandi ingiustizie o per aspirare al cambiamento. Proprio come hanno fatto Norman, Smith e Carlos nel 1968 o, più recentemente, il maratoneta etiope Feyisa Lilesa, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Rio dell’agosto 2016, che una volta tagliato il traguardo ha incrociato i polsi per denunciare i soprusi del governo di Addis Abeba verso i suoi concittadini di etnia Oromo.
Una volta stabilito che quello che succede durante l’attività sportiva può essere vettore di cambiamento per la società tutta, bisogna spiegare perché abbiamo deciso di onorare le figure raccontate in questo volume, che descriviamo come Giuste in quanto le loro gesta sono esempi concreti di cambiamento. Come scrive Gabriele Nissim, “mostrano che uomini normali, se sorretti dal coraggio e dalla determinazione, hanno potuto incidere e lasciare delle tracce di umanità. Sono stati capaci di riparare il mondo nello spazio in cui agivano. Non hanno sconfitto il Male, non hanno cambiato mai del tutto la situazione, ma nel loro ambito di libertà sono riusciti a vincere la loro battaglia”.
Abbiamo chiesto ad alcune delle più belle penne del giornalismo italiano di raccontarne le gesta e li ringraziamo per la generosità con cui si sono impegnate ad approfondire le loro storie.
Il nostro auspicio è che questa raccolta, frutto di un lavoro di ricerca pluriennale da parte dello staff di Gariwo, possa generare non solo riconoscenza verso gli autori di questi atti di coraggio, ma soprattutto una spinta alla ri-proposizione di tali comportamenti virtuosi.
La raccolta è suddivisa in cinque macrosezioni. Ne “Gli atleti Giusti durante la Shoah” raccontiamo le gesta di quegli sportivi che, nel momento più nefasto del Novecento, si sono contraddistinti per aver lottato, quasi sempre fino alla morte, contro l’antisemitismo. Molti di loro sono ricordati al memoriale dello Yad Vashem di Gerusalemme.
“Gli atleti contro i totalitarismi” sono invece quegli sportivi che, ieri come oggi, hanno usato lo sport per far conoscere al mondo i drammi delle dittature o che hanno utilizzato la loro popolarità per promuovere i valori democratici nei propri paesi. È il caso dei coniugi Zatopek, stelle indiscusse dello sport cecoslovacco prima di cadere nell’oblio perché tra i promotori del “socialismo dal volto umano” che venne represso dai carri armati sovietici nel 1968 durante la Primavera di Praga.
A volte essere Giusti può significare semplicemente ostinarsi a praticare sport quando il potere e delle consuetudini inique da esso perpetuate vorrebbero impedirlo. Hassiba Boumelka è stata la prima atleta algerina a vincere una medaglia d’oro olimpica, nonché la prima donna africana a vincere un titolo mondiale. Nonostante le condanne a morte correlate alla salita al potere del Fronte Islamico di Salvezza diventa il simbolo delle donne algerine che vogliono cambiare il Paese. La sua è una delle storie che fanno parte della sezione “Lo sport contro le discriminazioni”. Ma i Giusti dello sport non sono per forza atleti: possono essere anche politici e capi di stato che, una volta compreso con lungimiranza il potere dello sport, lo utilizzano per ricucire le ferite della guerra e della segregazione. Per questo motivo, nella stessa sezione raccontiamo anche il mondiale di rugby in Sudafrica del ‘95 fortemente voluto dall’allora presidente Nelson Mandela per ricucire i rapporti tra la maggioranza nera e l’élite bianca, che della palla ovale ne aveva fatto uno dei maggiori simboli di supremazia.
Ne “Lo sport dalla parte dei diritti umani” raccontiamo invece le storie di alcune figure esemplari che si battono per il rispetto dei diritti e quindi della dignità umana. Ci sono celebrità come il campione del mondo Lilian Thuram, che una volta appese le scarpette al chiodo si è trasformato in un carismatico oratore che con lo stesso fermento calca i pavimenti delle scuole di periferia e quelle dei grandi think tank per promuovere i valori dell’antirazzismo. Ma anche giovanissimi che legano indissolubilmente la propria attività agonistica all’impegno per migliorare le vite degli ultimi. Come Yusra Mardini, nuotatrice siriana che dopo aver contribuito a salvare, insieme alla sorella Sarah, decine di profughi da un naufragio quasi certo, ora si batte affinché la dignità dei rifugiati non venga mai dimenticata dai potenti della Terra.
Infine abbiamo deciso di dare spazio a grandi “Esempi di fairplay”: personalità non coinvolte in guerre o persecuzioni ma i cui grandi o piccoli gesti di correttezza e solidarietà possono essere un lume davanti alla strada di tanti giovani tifosi e atleti.
Joshua Evangelista
(29 giugno 2020)