Periscopio – Una sentinella
di civiltà e democrazia

Segnaliamo, per il grande interesse suscitato e la grande rilevanza degli argomenti trattati, una teleconferenza – organizzata dalla Federazione delle Associazioni Italia-Israele, dalle Associazioni Italia-Israele di Napoli, Salerno, Poggiomarino e Campania-Bezalel e dalla Comunità ebraica di Napoli – svolta recentemente da Noemi Di Segni, Presidente dell’UCEI, sul tema “UCEI ed ebraismo mondiale. Italia, Europa, Israele”. Un titolo, evidentemente, di notevole latitudine, eppure riduttivo rispetto ai problemi affrontati nel corso della relazione e del dibattito ad essa seguito, legati anche a realtà esterne rispetto agli scacchieri europeo e mediorientale (come, per esempio, le prospettive internazionali aperte dall’esito delle prossime elezioni statunitensi).
Non si può non ringraziare la Presidente per avere offerto agli interlocutori – presenti, in videocollegamento, da quasi tutte le regioni d’Italia – una descrizione lucida e dettagliata della complessa realtà dell’UCEI, un organismo che esprime tante anime e sensibilità diverse, sempre chiamato a un difficile e paziente lavoro di equilibrio e mediazione, in bilico tra fedeltà ai principi e alla tradizione e apertura alle nuove istanze della modernità, tra tutela e promozione della peculiare identità ebraica e osservanza dei valori di democrazia e libertà incarnati dalla Costituzione repubblicana. Particolarmente interessanti, soprattutto, sono apparse le considerazioni svolte dalla relatrice riguardo ai rapporti tra le diverse forme di osservanza religiosa ebraica; come anche quelle dedicate al confronto, in Israele, tra ebraismo laico e religioso (due categorie, com’è noto, a loro volta divise in tanti sotto-gruppi, dalle differenze apparentemente sottili, ma destinate a incidere comunque profondamente sulla vita reale degli individui e sulle loro relazioni interpersonali).
Nell’impossibilità di sintetizzare un’esposizione e un dibattito di così ampio respiro, vorrei limitarmi a notare come tutti gli italiani – anche i non ebrei, anche coloro che non si interessino di ebraismo, e perfino coloro che non nutrano per esso una particolare simpatia – dovrebbero nutrire per l’UCEI un sentimento di gratitudine, per la sua peculiare, specifica funzione di testimonianza, di vigile e accorta ‘sentinella’ di civiltà e democrazia. Negli anni più bui del Medio Evo e del fascismo, quando la parola ‘democrazia’, in pratica, non esisteva, le Comunità Ebraiche d’Europa erano gli unici piccoli spazi in cui ci si confrontava liberamente, si discuteva, si votava, in ossequio alla millenaria tradizione liberale dell’appartenenza mosaica, secondo la quale solo Dio può essere oggetto di venerazione e obbedienza, ogni unanimismo è guardato con sospetto e un buon rabbino è quello che viene contraddetto e superato dai suoi allievi.
È triste vedere come, tante volte, l’UCEI e le singole Comunità siano lasciate tristemente sole nel dovere contrastare i ricorrenti rigurgiti di antisemitismo, neofascismo, razzismo, segnalando le gravi offese ai valori fondanti della nostra civiltà portate non soltanto da frange marginali e violente della società, ma anche da importanti esponenti delle istituzioni, di ogni colore politico, che mostrano un sostanziale fastidio o disprezzo verso la lettera e lo spirito della Costituzione. Così come è triste il fatto che ci siamo tristemente abituati a vedere che le sedi delle Comunità e delle istituzioni ebraiche debbano essere protette, giorno e notte, da uomini delle forze di sicurezza (a cui va, ovviamente, il nostro più sincero ringraziamento). Forse che fuori alle chiese, alle moschee, ai centri di cultura stazionano in permanenza uomini armati? Come può apparire una cosa normale che l’ebraismo debba essere sempre sotto protezione, che la sua stessa esistenza fisica sia un problema non di pluralismo culturale o religioso, ma di ordine pubblico? Nessuno si ferma a riflettere su quanto ciò sia triste e assurdo, e come dimostri che la nostra intera civiltà – e non solo nella sua componente ebraica – è costantemente sotto attacco. Ed è davvero singolare che non si voglia vedere il diretto collegamento tra questo chiaro segnale di pericolo e le perenni tensioni dello scenario mediorientale. Com’è facile spiegare tutto puntando il dito contro Israele! Israele faccia questo, faccia quello, e tutto subito si aggiusterà, come per incanto. Ma, cari signori col dito puntato, dite, per favore: chi deve fare qualcosa, e che cosa, affinché i poliziotti, i carabinieri e i ragazzi dell’esercito tornino a fare il loro lavoro normale, invece di stazionare giorno e notte davanti a dei portoni dietro i quali non si fa altro che parlare, insegnare, studiare, pregare, giocare?

Francesco Lucrezi

(1 luglio 2020)