In Israele è stato d’emergenza

Nuove ondate di Covid in tutto il mondo. Tra i Paesi in cui l’allerta è massima c’è Israele. Ieri il premier Benjamin Netanyahu, nel corso di un intervento in cui ha accusato gli israeliani di non essere stati ligi alle regole, ha proclamato lo stato d’emergenza. Secondo gli scienziati gli ospedali sono a rischio collasso. Lo scenario appare molto diverso rispetto ad appena poche settimane fa. Scrive il Corriere: “Un mese fa Netanyahu e i suoi ministri hanno considerato l’emergenza superata: il Paese ha riaperto dopo la quarantena, sono rimaste alcune regole di tutela collettiva, come indossare la mascherina. Il premier discuteva con altri leader internazionali di come favorire il turismo tra le nazioni che stavano gestendo al meglio la pandemia. Adesso Israele è stato inserito dall’Unione Europea nella lista dei Paesi a cui tiene chiuse le frontiere”.A tornare operativi anche gli agenti dello Shin Bet, l’agenzia di sicurezza interna, “con il sistema di monitoraggio e tracciamento digitale dei contagiati che aveva sollevato molte critiche nei mesi scorsi” (Repubblica). 

Il Corriere pubblica un intervento di Yair Lapid, leader dell’opposizione israeliana, che torna ad esprimere contrarietà all’ipotesi di annessione di parte della Cisgiordania (“una cattiva idea”, la definisce). Lapid parla anche delle contestazioni internazionali. Quelle degli “amici” e quelle che invece ritiene “inaccettabili”. Tra queste, sottolinea, “il tentativo di convogliare questo problema nell’area più vasta delle proteste globali contro il razzismo, innescate dalla tragica morte di George Floyd”. E inoltre la minaccia di sanzioni: “Israele non è l’Iran, né la Corea del Nord. Il semplice tentativo di classificarci tra quei Paesi – scrive – appare demenziale”. 

Di Medio Oriente si parla anche in relazione a diversi altri fatti. Repubblica torna sulle esplosioni che hanno interessato la centrale nucleare iraniana di Natanz, con i sospetti di Teheran che sono rivolti verso Israele. Dallo Stato ebraico nessun commento ufficiale. Anche se ieri, viene evidenziato, il ministro degli Esteri Gabi Ashkenazi ha lasciato poco spazio all’immaginazione. L’esponente del governo si è così espresso: “Non consentiremo all’Iran di ottenere il nucleare e per questo intraprendiamo una serie di azioni cui si addice il silenzio”. In un altro articolo si porta invece il lettore a Beirut, nell’area controllata da Hezbollah. A parlare è un intellettuale vicino al gruppo terroristico, Kassem Kassir, che smentisce l’ipotesi di future azioni nel Golan. “In quella regione c’è una stabilità che ci soddisfa. Entreremo in guerra – sostiene – solo se saranno gli israeliani a cambiare le carte”.
 
I libri sono storicamente un problema per le dittature e i governi illiberali. Lo ricorda La Stampa, raccontando come diversi Paesi nel mondo stiano agendo sul piano della censura o della revisione dall’alto di pagine ritenute scomode. In Egitto ad esempio nei testi dei sussidiari si legge oggi che gli egiziani non avrebbero in realtà perso la guerra dei sei giorni contro Israele. Nell’articolo si spiega anche che, con la presa del potere di Hamas a Gaza, tra le prime vittime ci fu “il titolare dell’unica libreria cristiana ammazzato e ritrovato nei pressi di una moschea”. La giornalista, nel presentare questi fatti, fa però un’allusione grave: parla infatti di massacro reciproco tra fazioni palestinesi svoltosi “sotto lo sguardo serafico dei nemici israeliani”. 

Sei italiani su dieci sono d’accordo con l’affermazione: “Il problema del razzismo in Italia esiste”. Lo rileva una recente indagine di Demos, presentata su Repubblica da Ilvo Diamanti. “Naturalmente – si sottolinea – dichiarare l’esistenza di un problema non significa che quel problema esista davvero. E sia cresciuto o diminuito, nel tempo. Di certo, però, è un indice dell’attenzione, pubblica e sociale, riservata alla questione”. 

Divise naziste e saluti romani: alcuni episodi hanno riportato l’attenzione sul richiamo a quel passato da parte di rappresentanti e militanti di Fratelli d’Italia. Sul Fatto Quotidiano Gad Lerner chiede alla leader del partito, Giorgia Meloni, di fare chiarezza: “Non solo in Italia, ma in tutto il mondo, il fascismo è una pianta infestante che si ramifica in forme nuove. Troppo facile liberarsi del problema con una scrollata di spalle sostenendo che si tratta di un fenomeno del passato”. 

Nel giro di un paio di mesi il tribunale di Milano è arrivato a sentenza, due volte in appello e una in primo grado, contro convinti neofascisti. Sentenze che, secondo Repubblica, rappresentano un deciso cambio di rotta. Si legge infatti: “Se fino a oggi gli avvocati difensori avevano incassato diverse assoluzioni nei processi per le commemorazioni fasciste che sfociavano in saluti col braccio teso e chiamate al presente, adesso arrivano le condanne”. 

A tenere banco è ancora la questione delle statue che alcuni gruppi antirazzisti vorrebbero rimuovere (impressionanti, a Baltimora, le immagini dell’abbattimento di quella di Cristoforo Colombo). Dice al Foglio il filosofo francese Alain Finkielkraut: “L’antirazzismo ha cambiato natura, è passato dal battersi per l’uguale dignità delle persone a essere una sorta di penitenza, l’antirazzismo si è trasformato in un razzismo antibianco e la sola maniera per il bianco di sfuggire alla condanna del proprio ‘privilegio’ è pentirsi. Questo è insopportabile”.

Su Repubblica si racconta la storia di Aristides de Sousa Mendes, eroico console portoghese a Bordeaux che salvò, firmando visti notte e giorno, circa 30mila ebrei dalla persecuzione. A 80 anni da quell’azione il Parlamento del suo Paese ne riconoscerà l’impegno con una targa nel pantheon nazionale. Un gesto significativo che viene messo a confronto con il torto compiuto nei suoi confronti negli anni successivi: il licenziamento causa di molti stenti e di una morte in povertà. 

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(6 luglio 2020)