Se l’Anpi abbraccia il populismo

Si sapeva, con strazio, che l’Anpi romana non coltivava nei riguardi della situazione israelo-palestinese il senso della misura. E ce ne siamo sempre rammaricati. Ora, a condividere quello strabismo ci si mette anche l’Anpi nazionale, con le parole per nulla equidistanti e pacificatrici della sua presidente, Carla Nespolo.
Come spesso accade, nelle prese di posizione di troppa sinistra manca il senso dell’imparzialità, o quanto meno dell’obiettività, che forse potrebbe moderare le posizioni delle parti e stimolarle verso un incontro dialogico e politico.
A sostegno della causa palestinese, la Nespolo denuncia le ‘carceri [israeliane] cariche di bambini’, e, da un lato, ci si chiede da dove attinga le sue certezze, dall’altro, si rimane stupiti che questo sia il carico da novanta che mette sul piatto della bilancia. La brevità del suo intervento in risposta ad Emanuele Fiano le impedisce di ricordare cose di ben altro peso storico. Ad esempio che il Piano di partizione della Palestina, che forse avrebbe potuto cambiare la storia del Medio Oriente, fu respinto proprio dai paesi arabi e dagli arabi che vivevano nel paese. E dimentica soprattutto, la signora Nespolo, che i movimenti di ‘liberazione’ palestinesi non hanno mai agito come movimenti propriamente partigiani, bensì come organizzazioni terroristiche. A meno che non ella non convenga con i terroristi nel definire azioni partigiane l’attentato a un bar di Tel Aviv, il massacro di una famiglia inerme, l’esplosione di un autobus di civili, il lancio di razzi contro il centro di una città, e via di questo passo. Movimento partigiano, qui in Italia, significava altra cosa, ai bei tempi. Evidentemente, l’Anpi sottopone la lingua della sua politica a una strana evoluzione.
Lo Statuto dell’Anpi (ultimo comma dell’articolo 2) dichiara, fra i suoi obiettivi, il ‘dare aiuto e appoggio a tutti coloro che si battono, singolarmente o in associazioni, per quei valori di libertà e di democrazia che sono stati fondamento della guerra partigiana’. Ora, la signora Nespolo dovrebbe dimostrare che Israele non sia il solo stato democratico del Medio Oriente e che, invece, il vero modello di democrazia sia quello praticato da Hamas in territorio palestinese.
Una liberazione, poi, non si può prefiggere di buttare a mare una popolazione intera, traguardo cui i movimenti di ‘liberazione’ palestinesi non hanno mai rinunciato. Un movimento di liberazione libera sé stesso, non si libera degli altri.
Alla fine, tuttavia, il problema da affrontare, si spera molto presto e seriamente, non è tanto quello, per noi inaffrontabile, della situazione israelo-palestinese, quanto l’evoluzione demagogica e strumentalizzata della storia dell’Anpi. Al netto delle critiche che si possono rivolgere alla politica del governo Netanyahu, non sembra sia questa l’Anpi che dovrebbe ‘tutelare l’onore e il nome partigiano’ che ha contribuito a liberare l’Italia dal nazifascismo. Il primo obiettivo di una Associazione Nazionale Partigiani d’Italia dovrebbe essere, a nostro modesto parere, evitare che gli italiani che hanno sempre creduto nei valori dell’antifascismo e della lotta partigiana (anche qui, al netto di Giampaolo Pansa), vadano a cercare conforto fra le braccia del populismo di casa nostra.

Dario Calimani, Università di Venezia

(7 luglio 2020)