Renan e il significato di essere nazione
Verso la fine dell’Ottocento la Francia si ritrova, dopo secoli da protagonista, ad avere un ruolo marginale in Europa. Ha perso il conflitto con la Prussia, porta i segni dello scontro civile e ha impressa nella memoria l’umiliante richiesta d’aiuto agli stessi nemici prussiani per reprimere la Comune di Parigi. Il paese è in cerca di se stesso e di consolazione. Ed è in questo clima che il filosofo francese Ernest Renan scrive e pronuncia nel 1882 il suo discorso “Che cos’è una nazione”. “Una riflessione ad alta voce ad un pubblico che ha bisogno di ascoltare parole di conforto”, spiega lo storico sociale delle idee David Bidussa nella nuova puntata di “pagine e svolte”. Un discorso, quello di Renan, profondamente attuale, che spiega cosa significa per una nazione saper fare i conti con la propria debolezza.
Come nelle scorse puntate, Bidussa ricorda anche chi gli suggerì quella lettura: la professoressa Regina Pozzi, docente di Storia moderna all’Università di Pisa. “Eravamo nel 1975 e il punto di riferimento che Regina Pozzi aveva in testa era il fatto che alcuni paesi d’Europa stavano tornando ad essere voci della storia d’Europa: la Spagna che si stava liberando da Franco, il Portogallo, l’Irlanda.. Tornavano a far parte dell’Europa e avevano il problema di dover raccontare cos’erano e dover fare i conti con la loro debolezza”. Il discorso di Renan era un valido aiuto in questo senso e lo è ancora oggi per paesi come il nostro – a maggior ragione in questo momento di crisi – che cercano di capire se stessi e comprendere perché vale la pena stare insieme.
(nell’immagine, il ritratto di Ernest Renan firmato da Anders Leonard Zorn)