Il Maestro e le storie ebraiche

La notizia della scomparsa di Ennio Morricone ha avuto grande risalto. Probabilmente, come hanno evidenziato molti commentatori, dovuto alla genialità del Maestro nel sapere suscitare emozioni che soltanto la magistrale articolazione delle note può causare. Pensavo nelle ultime ore al rapporto diretto che ha avuto l’eccelso compositore romano con le storie ebraiche. Perché ne rintracciamo la sua mano, con l’accompagnamento musicale, in tre momenti salienti poi ripresi dallo schermo: il Mosè di Gianfranco De Bosio, trasmesso dalla Rai nel 1974, il kolossal “C’era una volta l’America” diretto da Sergio Leone uscito nel 1984 e “Jona visse nella balena” di Roberto Faenza del 1993 con il refrain celebre tratto dal salmo 23 “Gam, Gam, Gam”.
Tre passaggi distinti in cui ritroviamo le vicende dell’esodo biblico, il complesso insediamento ebraico nel Lower East Side di Manhattan e le vicissitudini di un bambino ebreo nel dramma della Shoah. Periodi salienti che, vuoi o non vuoi, hanno tracciato l’identità ebraica delle nostre generazioni. E probabilmente nel ripercorrerli, vista l’influenza dell’arte visiva e musicale nelle nostre coscienze e nella psicologia individuale, anche la mano di Morricone ha esercitato il suo valoroso contributo.
Una perla a parte, di valore eccezionale per la sua unicità, rimane l’accompagnamento dell’orchestra diretta dal Maestro su brani liturgici, in cui si distinguono le versioni romane di Veshameru’ e Iom Hashishi, cantati dall’allora tenore della sinagoga maggiore di Roma Alberto Pavoncello. Ne rimane testimonianza l’incisione di un vinile uscito nei primi anni Sessanta per Rca edizioni ancora reperibile in rete.

Jonatan Della Rocca

(8 luglio 2020)