In Polonia si va al voto
tra speranze e ombre
Si tiene oggi il secondo turno delle elezioni presidenziali in Polonia. Uno scontro, quello tra il presidente uscente Andrzej Duda e il sindaco di Varsavia Rafal Trzaskowski, che appare dall’esito incerto. Ma che dirà molto su quello che il Paese vuole essere. Sulla sua collocazione europeista, sul rispetto dei valori fondamentali.
Con una sola frase, scrive infatti La Stampa, il leader del partito ultranazionalista Jaroslaw Kaczynski ha “cristallizzato il futuro, che lui vorrebbe fosse il destino, della sua Polonia”. Durante un’intervista a un’emittente ultracattolica Kaczynski ha chiesto di non votare per il candidato presidente perché “vuole vendere il Paese agli ebrei”, ovvero l’avversario Trzaskowski. Con queste parole, sottolinea La Stampa, “ha fatto molto più che attaccare il nemico, ha legittimato l’antisemitismo, così come aveva fatto con l’odio verso gli immigrati, le discriminazioni contro le donne e gli omosessuali”.
Intervistato da Repubblica, Il Premio Nobel Lech Walesa afferma: “Adesso, come quando quarant’anni fa fondammo Solidarnosc, dobbiamo unirci e ispirarci come allora a valori comuni. Così salveremo Polonia ed Europa dal nazionalismo, dall’odio contro le minoranze e dai minacciosi demoni del passato”. Per Walesa “se Trzaskowski vincerà, la Polonia avrà una chance, altrimenti continueremo a comportarci come un Paese folle, con ogni sgradevole conseguenza in Europa”.
Sul Corriere si torna a parlare degli attacchi alla centrale nucleare iraniana di Natanz. Due importanti testate internazionali come New York Times e Washington Post, citando ambienti della sicurezza, hanno avallato la pista di una bomba piazzata dal Mossad. “Scenario alternativo – si legge sul Corriere – a quello di un sabotaggio cyber, eseguito dall’unità 8200 israeliana, che avrebbe innescato una reazione a catena. Al lavoro di analisi, svolto in diretta e sui social, si uniscono gli analisti con l’interpretazione delle foto trapelate e di quelle satellitari”.
Sul Fatto Quotidiano Gad Lerner mette in relazione la riconversione di Santa Sofia in moschea con il trasferimento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Questa la sua opinione: “Quando la diplomazia provoca la storia determina ripercussioni imprevedibili. Le proteste internazionali cozzano con lo spirito di rivincita dei musulmani”.
Oggi che le lacerazioni dell’islam danno luogo a potenze regionali contrapposte, aggiunge Lerner, “l’ideologia imperiale neo-ottomana torna a proporsi in contrapposizione alle petromonarchie wahabite del Golfo, all’ortodossia sunnita di al Azhar al Cairo, al jihadismo dell’Isis e all’islam sciita di Teheran”. Una destabilizzazione che, scrive ancora, “insanguina da oltre un decennio il Medio Oriente” e “isola ancor di più lo Stato d’Israele”.
Cadrà domani il centesimo anniversario dall’incendio del Narodni Dom che fu tra gli atti fondativi del fascismo. Nelle prossime ore il Capo dello Stato Sergio Mattarella sarà a Trieste e riconsegnerà quell’edificio alla comunità slovena. Un atto simbolico significativo.
“L’incendio del ‘Balkan’ – scrive David Bidussa sull’Espresso – avviene con una folla che applaude. Primo segno della ‘zona grigia’ di chi assiste ai fatti della storia, e si adegua. Scena che da allora si ripeterà molte altre volte, non solo a Trieste, ma che quel giorno ha un primo atto pubblico”. Bidussa, assieme a Giulia Albanese e Jacopo Perazzoli, è tra gli autori del libro Siamo stati fascisti, pubblicato dalla Fondazione Feltrinelli, che sarà presentato nel corso di un evento al Teatro Instabile Miela.
Sul domenicale del Sole 24 Ore il cardinale Gianfranco Ravasi presenta alcuni libri di recente uscita dedicati all’ebraismo e alle sue molte sfaccettature: dalla ritualità alla lingua, dalla cucina alla letteratura. Tra gli altri La lingua che visse due volte (ed. Garzanti) di Anna Linda Callow e Ricette e precetti (ed. Giuntina) di Miriam Camerini.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(12 luglio 2020)