L’intervento – Marrani di Sicilia

Tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento emigrarono dall’Italia in Belgio un gruppo di 90 siciliani per fare i minatori. Appena giunti in questo paese iniziarono a frequentare la sinagoga di Liegi e a professare la religione ebraica causando dei problemi al rabbino che non sapeva cosa fare. Queste persone, circa 80 uomini, si presentavano puntualmente il venerdì sera per la funzione dello Shabbat. La cosa anomala era che non conoscevano l’ebraico, quindi non riuscivano a seguire la liturgia sinagogale, pregavano a modo loro in italiano (unica lingua che conoscevano e con la quale si esprimevano). Il rabbino capo del Belgio, Dreyfuss, si vide necessariamente costretto a coinvolgere il rabbino Elio Toaff. Questi si recò in Belgio a Liegi per analizzare la situazione e comprendere cosa stava accadendo. Scopri cosi che queste persone provenivano da un paesino interno della Sicilia, Riesi, in provincia di Caltanissetta e che erano marrani. Per 400 anni dopo l’avvenuta espulsione del 1492 degli ebrei dalla Sicilia, i loro antenati si erano convertiti ma avevano cercato di mantenere il più possibile il loro legame con l’ebraismo. Oltre ad avere un nome ufficiale ne avevano un altro, quello ebraico, che si tramandavano di generazione in generazione. Si sposavano solo tra di loro e venivano seppelliti nel cimitero del paese in una zona loro riservata senza uso di simboli cristiani sulle tombe, accendevano le candele il venerdì sera, per pasqua preparavano e mangiavano il pane azzimo, praticavano la circoncisione, cosa che veniva effettuata dal padre all’ottavo giorno dalla nascita. Questo rito, la circoncisione, mantenuto nei secoli, l’ho riscontrato presso i marrani di Bacoli (Napoli) ma in questo gruppo erano persone qualificate che l’effettuavano. Quando rav Elio Toaff, che il suo nome sia ricordato in benedizione, convinto del loro genuino attaccamento all’ebraismo, decise di mettere a posto la loro situazione avviando un processo di conversione, dovette far intervenire un chirurgo plastico e un moel specializzato per riparare i danni fatti da una circoncisione così superficiale. Naturalmente, prima di prendere questa decisione, rav Toaff aveva intrapreso delle indagini nel loro paese di origine, Riesi. Egli contattò il comandante dei carabinieri al quale chiese informazioni. Gli fu riferito, cito le testuali parole: “Quelli sono tutti ebrei, è gente che si sposa tra loro, è gente che non va in chiesa, è gente che non mette neanche la croce sui morti”. Nelle indagini svolte da rav Toaff, espletate con accuratezza e zelo, egli pose a queste persone una domanda: “Per quale motivo non avete contattato la Comunita italiana?”. La risposta che loro diedero fu quanto mai semplice e allo stesso tempo sconcertante. I loro antenati erano vissuti per secoli sotto il terrore dell’inquisizione. E quindi, per sfuggire ai suoi artigli, si tramandavano la promessa, rinnovata di generazione in generazione, che qualora ci fosse stata la possibilità di lasciare l’Italia per un altro paese, la prima cosa da fare sarebbe stata quella di contattare una comunità ebraica e ritornare ad essere ebrei. Loro, avutane la possibilità, l’avevano immediatamente fatto.
Vorrei, a questo punto, aprire una parentesi di riflessione storico-antropologica dovuta alle ricerche e agli studi da me svolti in Campania: su alcuni nuclei marrani si riscontrano delle analogie con quelli di Riesi. Quando a Bagnoli Irpino, in provincia di Avellino, ho chiesto informazioni sull’origine di alcune famiglie – i Nigro, i di Capua e i Nicastro – mi e stato confermato da persone del luogo che “queste famiglie sono ebree” ed a questa la prova che anche con il passare dei secoli permangono tracce nella memoria storica collettiva. Più emblematico è quello di Terzigno e Somma Vesuviana, località del napoletano dove era attestata la presenza di un nucleo ebraico. Cito la conversazione da avuta con una persona del luogo: “A Terzigno c’era un gruppo di famiglie, gli Avino, che vivevano separati, si sposavano solo tra di loro, praticavano la coltivazione della vite e il commercio del vino e di derrate alimentari, erano invisi agli altri abitanti dell’area e quando alcune famiglie iniziarono a spostarsi nel territorio del comune limitrofo, quello di Somma Vesuviana, per distinguerli venivano additati come ‘degli Avino’, “appartengono agli Avino”, da qui il cambiamento del cognome in D’Avino.
Per comprendere l’origine dei marrani di Riesi dobbiamo scavare nella storia di questo piccolo Comune. La componente di origine ebraica che qui viveva proveniva da un’altra area, questo lo deduciamo dalla notizia storica locale che fino al 1647 la baronia di Riesi non ebbe popolazione stabile anche se i terreni venivano coltivati per l’agricoltura stagionale e per l’allevamento del bestiame. Fu in questa data che fu fondato il nucleo abitativo attuale, con il trasferimento di ottanta famiglie, in gran parte agricoltori e artigiani, che provenivano dai paesi limitrofi di Butera, Mazzarino e Pietraperzia. Di queste tre localita sappiamo che a Butera era presente una comunità ebraica la cui esistenza è attestata in alcuni documenti del XIV secolo. Al momento dell’espulsione nel 1492 non risulta però negli elenchi delle Comunità che lasciarono l’isola e questo ci fa presumere che in quella data i suoi ebrei erano già stati convertiti o avevano abbandonato il luogo. Possiamo ipotizzare che la scomparsa della presenza ebraica a Butera sia collocabile tra il 1474 e il 1487, quando moti antiebraici scoppiarono in tutta la Sicilia e tanti ebrei furono uccisi o convertiti. È in questo periodo che appare in alcune famiglie ebraiche il cognome Butera (di ebrei originari di questa località) a Palermo e a Bivona. Ciò fa presupporre la fuga di ebrei da Comunità piccole per spostarsi in quelle di medie o grandi dimensioni dove era più facile sentirsi protetti. Inoltre ciò potrebbe essere avvalorato dal fatto che uno dei cognomi più diffusi a Riesi sia Butera. Inoltre nel gruppo marrano oggetto di questo studio si riscontrano i seguenti cognomi: Russo, Siracusa, Gucciardo, Tidona, Pellicciotti, Vitale, Marrone.
Gli abitanti di Riesi vivevano, come la maggior parte dei meridionali, in una situazione di costante povertà e di mancanza di lavoro. L’unica possibilità di procurarsi di che vivere erano le miniere di zolfo che si trovavano nelle vicine località di Trabia e Tallarita. Molte famiglie erano costrette a mandare i propri figli in miniera e questo spiega perche i marrani di Riesi erano minatori. Dopo la Seconda Guerra Mondiale molti riesini furono costretti ad emigrare, soprattutto all’estero in Belgio, dove appunto lavoravano nelle miniere, in Francia, in Germania e in Argentina. Negli anni ’70, dopo l’avvenuto rientro di queste persone nell’ebraismo, rav Toaff si adoperò perché realizzassero il loro sogno. Quello di emigrare in Israele. Una volta trasferiti andarono a vivere nel Neghev a lavorare nelle miniere di rame ivi esistenti. Successivamente la maggior parte di loro si spostò nella citta di Beer Sheva, dove tuttora vivono i loro discendenti. Chiudo questo lavoro ponendomi una domanda: “Cosa è rimasto di quelli che non emigrarono. Ci sono ancora nuclei familiari marrani nel comune di Riesi o tutto e finito nell’oblio con la partenza di quelli che emigrarono in Israele?”. Questa potrebbe essere un’idea originale per progettare una futura ricerca da fare sul campo, che contribuirebbe all’arricchimento delle nostre conoscenze storiche e religiose sull’ebraismo siciliano.

Ciro Moses D’Avino

(Nell’immagine una vista di Riesi)

(14 luglio 2020)