Disaccordi convergenti
È stata inviata in questi giorni alla stampa ebraica italiana una lettera dal titolo “Contro l’annessione: una voce ebraica italiana, una protesta globale” scritta da “un gruppo di giovani ebree ed ebrei italiani che vivono fra l’Italia, l’Europa e Israele”. Negli ultimi anni sono giunta a nutrire molto dubbi sull’utilità degli appelli; in questo caso, però, ho scelto di firmare la lettera soprattutto per tre ragioni.
Prima di tutto, perché si tratta di giovani, e credo che un po’ di novità nel dibattito interno all’ebraismo italiano non possa che farci bene. Tanto più che gli autori dell’appello si definiscono “portatori di sensibilità politiche e religiose differenti”, e questo significa che non abbiamo a che fare con un gruppo monolitico e incapace di dialogo al proprio interno.
In secondo luogo perché non si tratta di un testo rivolto all’opinione pubblica italiana in generale, ma intende essere un contributo per il dibattito all’interno delle comunità ebraiche; quindi non è un testo scritto per prendere le distanze da qualcuno o fare bella figura con qualcun altro, ma semplicemente per aprire un dialogo tra di noi.
In terzo luogo perché in una certa misura la questione ci riguarda direttamente. In quanto cittadini italiani appartenenti a una minoranza religiosa noi ebrei, e in particolar modo le nostre comunità e l’Ucei, siamo chiamati continuamente a prendere posizione su vari temi; spesso ci troviamo a difendere l’uguaglianza effettiva di tutti i cittadini, e soprattutto i diritti delle minoranze. Ma se difendiamo il principio fondamentale dell’uguaglianza in Italia non saremmo credibili se non lo sostenessimo in egual misura in tutto il mondo. Quindi per noi è certo doveroso difendere Israele contro le accuse infondate che riceve continuamente e contro la sgradevolissima tendenza a fare due pesi e due misure, ma se Israele decidesse di stabilire diseguaglianze permanenti tra coloro che vivono all’interno dei suoi confini definitivi questo ci metterebbe in una situazione imbarazzante e contraddittoria. Si badi bene, sto parlando di una situazione che finora non si è verificata, e forse (lo spero e ne sono convinta) non si verificherà mai. Un conto è dire che Israele si trova nel violentissimo contesto mediorientale, circondato da nemici che mirano alla sua distruzione e di conseguenza deve adottare misure necessarie per salvaguardare la propria esistenza; tutt’altra cosa sarebbe auspicare o progettare una situazione definitiva (che quindi riguardasse anche coloro che non sono ancora nati indipendentemente dalle idee che avranno e da come si comporteranno) in cui il territorio stesso dello stato di Israele fosse abitato da due categorie di persone, i cittadini e i residenti senza cittadinanza.
Su questo punto è bene che gli ebrei italiani si pronuncino perché – appunto – li riguarda. E fortunatamente mi pare che non avrebbero particolari problemi a pronunciarsi. L’appello dei giovani afferma che “il Primo Ministro israeliano ha dichiarato che ai residenti palestinesi dei territori annessi non verrebbe conferita la cittadinanza.” Viceversa, in un controappello che è stato pubblicato sul sito della Comunità ebraica di Milano è scritto che “L’eventuale estensione di sovranità (amministrativa e legislativa) del 30% dei territori circoscritti nel perimetro di tale area, lascerebbe piena facoltà agli arabi palestinesi ivi dimoranti di potere scegliere se diventare o meno cittadini israeliani, con diritto al voto.” Non credo che uno dei due testi sbagli o sia in malafede (immagino che semplicemente si faccia riferimento a dichiarazioni diverse, o che possono essere interpretate diversamente), ma comunque dal mio punto di vista la cosa è poco rilevante: non importa se uno dei due testi esprime il timore che accada ciò che l’altro testo ritiene impossibile. Il punto essenziale è che tra i due testi non c’è disaccordo: entrambi sostengono convintamente che lo stato di Israele, quando avrà finalmente la pace e confini riconosciuti, dovrà avere entro i propri confini cittadini con gli stessi diritti e doveri.
Credo che sia molto importante far sapere al mondo esterno che su questo punto c’è ampia convergenza tra gli ebrei italiani, perché nell’opinione pubblica la cosa è tutt’altro che scontata. E dunque sarebbe molto utile qualunque dibattito che permettesse di mettere in luce questa convergenza di fondo al di là delle diverse interpretazioni di singoli fatti o dichiarazioni.
Anna Segre, insegnante
(17 luglio 2020)