Ticketless – Val d’Oltra
e i piccoli maestri

Cadrà a settembre il cinquantenario della morte di Pietro Chiodi, filosofo e partigiano, autore di Banditi (Einaudi), che ho riletto in questi giorni insieme al racconto Val d’Oltra che la ventenne Paola Malvano pubblicò nel 1930. Il legame fra due testi così diversi è semplice: riguarda il rapporto professori-studenti sotto il fascismo. Meneghello scherzava spesso sui corsi accelerati di antifascismo cui aveva dovuto sottoporsi nei primi momenti di lotta partigiana. Lo stesso si può dire con Fenoglio. Questi corsi andavano a buon fine perché nel ricordo o nella di questi giovani era vigile lo sguardo di un maestro come Chiodi, nel caso di Fenoglio, Antonio Giuriolo nel caso di Meneghello, Augusto Monti nel caso di Paola Malvano. Una singola classe, pur nell’ambito di un liceo ormai totalmente fascistizzato, una volta chiuso l’uscio, poteva apparire un’oasi di libertà: “Non mi ero mai accorto”, scrive nel diario, alla data del 27 luglio, Pietro Chiodi, “che il liceo fosse così splendente e pieno di luce. Sento che è una piccola parte della mia Patria. Quella parte in cui io sono chiamato a compiere il mio compito verso di Lei”. Così con gli studenti di Luigi Pareyson, Leonardo Ferrero.
La differenza è nei finali. Chiodi sopravvive alla deportazione e alla guerra: scriverà una importante memoria, Banditi. Stessa sorte non accade a Giuriolo, che non fece in tempo né a scrivere le sue memorie, né a seguire la fama crescente del suo allievo-scrittore Meneghello. Più fortunati Monti e la Malvano. Giuriolo morì combattendo come combattendo morì Cocito, sopravvisse lo studente. Chiodi, su “La cultura”, gli dedicherà pagine commoventi ora raccolte in un prezioso libretto in stampa per i tipi delle edizioni dell’Asino.
Non era, a me sembra, una questione di puri contenuti. Ogni allievo, come era giusto che fosse, se ne andava poi per la sua strada. Il pensiero politico di Giuriolo, nel laboratorio linguistico per molti versi apolitico di Meneghello credo sarà inutile cercarlo e se si cerca l’eco di Heidegger o dell’esistenzialismo nei romanzi di Fenoglio bisogna ricordare che guardava alla letteratura inglese, non alla filosofia tedesca. Monti era uomo del Risorgimento, guardava con timore, non con sospetto, il progetto sionista che Paola Malvano imbarcandosi sul Mayflower guidato da Leo Levi stava per abbracciare. Questi maestri hanno svolto la loro funzione maieutica aiutando l’allievo a crescere, spesso lontano dai propri gusti. Così accade sempre, anche oggi, in tempi di normalità, ma il legame diventa di ferro quando si attraversa insieme una tempesta. Il miglior allievo di Augusto Monti fu Massimo Mila, montiano di strettissima osservanza: trasferì nello studio del melodramma verdiano la lezione del maestro sui classici latini. Del resto parecchie furono anche le divergenze politiche, subito dopo il 25 aprile, tra lo stesso Chiodi e Fenoglio.
Nei mesi che abbiamo appena attraversato, quando i mali antichi della nostra scuola sono affiorati con drammatica urgenza, mettendo a nudo le sue debolezze, le fragilità, la lezione dei piccoli maestri potrà essere davvero preziosa.

Alberto Cavaglion

(22 luglio 2020)