La mobilitazione contro l’odio sui social
“Caro Mark, possiamo fidarci di te?”

“Caro Mark, possiamo fidarci di te?”. Ha tutta l’apparenza di una domanda retorica l’interrogativo che nelle scorse ore è tornato a porsi Jonathan Greenblatt, dal 2014 alla guida dell’Anti-Defamation League. E con lui tutti i rappresentati di quelle realtà del mondo dell’impresa e dell’associazionismo che hanno scelto di aderire alla campagna “Stop hate for profit” lanciata a metà giugno con il contributo di questa organizzazione non governativa ebraica fondata nel 1913 con l’obiettivo di contrastare odio e antisemitismo nella società americana e da qualche tempo in prima linea anche nella tumultuosa arena dei social network. 
Mark è infatti Zuckerberg, il fondatore di Facebook, accusato da Greenblatt e dagli altri promotori della campagna di non fare abbastanza per combattere la violenza verbale scagliata da milioni di profili in tutto il mondo. Anzi, in qualche modo, di tollerarla. Un fenomeno puntualmente segnalato ma che sembra aver assai poco scalfito la convinzione di Zuckerberg di essere nel giusto. All’inizio dell’estate è stata così lanciata “Stop hate for profit”, con un invito puntualmente raccolto da diversi colossi dell’industria (tra gli altri Disney, McDonalds e Walmart): sospendere ogni tipo di attività pubblicitaria da Facebook. 
Zuckerberg è apparso più volte sprezzante e anche in un successivo incontro con gli ideatori dell’appello, sottolinea Greenblatt, “è risultato a tutti chiaro che non stava affrontando questi problemi in modo serio”. 
Nell’ultimo video collegato alla campagna, intitolato proprio “Caro Mark” e diffuso nel fine settimana, si ricorda ancora una volta come Facebook sia un luogo in cui imperversano, spesso senza controllo, “odio, razzismo, antisemitismo, islamofobia e chiamate alla violenza”. Ad essere messa a rischio, viene spiegato, è così un’intera società sempre più esposta al rischio di una disintegrazione dei suoi valori fondamentali.
Non è solo un atto di denuncia, ma anche l’ennesimo invito alla collaborazione (più volte, vanamente, ADL ha cercato di orientare un cambiamento interno a Facebook). “Siamo pronti a impegnarci, vogliamo aiutarli a migliorare”, spiega Greenblatt. 
La speranza di molti è che, almeno stavolta, l’ostinato Mark faccia un passo indietro.

(27 luglio 2020)