Ebraismo, la vera risorsa
Siamo tutti testimoni personalmente coinvolti di un’epoca di incertezza, di smarrimento, nella quale mancano orizzonti chiari e precisi cui affidarci. Il cataclisma provocato dal Covid-19 e l’incertezza che il virus ha gettato sul presente e sul futuro generando una sorta di “sospensione del tempo” nel periodo (ancora difficile da quantificare) della pandemia hanno enormemente accentuato la percezione di questa fragilità, che peraltro non è l’effetto episodico e contingente di un evento “naturale” come il contagio bensì l’esito strutturale di un mutamento d’epoca, di una trasformazione culturale di lunga durata che non capiamo bene verso dove e verso cosa è destinata a condurci.
Le ideologie appaiono consumate, bruciate, morte ormai da tempo. Socialismo, comunismo, socialdemocrazia, liberalismo – ben diversi tra loro nei contenuti politici e nei costi umani dei rispettivi sistemi di potere – hanno lasciato troppe scorie sul proprio percorso. Soprattutto, nessuno e nessuna società è più disponibile ad affidarsi a una visione ideologica; oppure, ed in fondo è la stessa cosa, sono venute meno la passione politica e la fede nella costruzione sociale. Questo progressivo esaurirsi della vis autenticamente politica, dello spirito di servizio civile per il bene comune è stato causato dal processo di inesorabile declino e degenerazione della politica stessa, sempre più spesso declassata ad arroganza del potere, lotta per il dominio, business puramente egoistico; divenuta cioè un mondo sempre più lontano dall’interesse collettivo e dalla convivenza sociale.
L’idea stessa di condivisione sociale è ormai una rarità, sempre meno sentita. In giro si respira molta solitudine, poca solidarietà di fondo.
Di fronte a questo panorama di inquietudini e di punti interrogativi, l’ebraismo emerge davanti a noi come risorsa fondamentale e insostituibile per il nostro tempo. E ciò per alcune evidenti ragioni.
È un mondo di valori, quando oggi i valori sembrano perduti, divengono impalpabili. E i valori dell’ebraismo sono sì fondati sulla trascendenza del divino a cui rimandano, ma sono colti e vissuti nell’immanenza del mondo naturale, riferiti all’uomo che ne è al centro e alla (sua) vita. Su questa base valoriale l’individuo, la collettività sono spinti a dare peso e significato alle cose, alle azioni. Il ruolo delle mitzwot è illuminante, in questo senso.
È un modo di vita nel quale l’etica, il significato morale dell’esistenza, assume di nuovo un fondamento, in una realtà circostante che sempre più spesso sembra averlo perso.
È una scelta responsabile basata sullo studio, impegno centrale e irrinunciabile che spinge a prestare attenzione alle cose, a comprendere, a riflettere: in una parola, a non accettare passivamente ma a vivere da soggetti attivi e consapevoli, quando sempre più frequenti circolano gli appelli volti a coinvolgere generiche e plaudenti masse popolari.
È una visione del mondo che, pur non rinunciando all’appassionato confronto dialettico (due ebrei – tre opinioni), appare basata sulla socialità e la solidarietà in vista di un bene comune inteso in senso insieme materiale e spirituale, di fronte ad ambienti politici in cui oggi tendono a prevalere la lotta irreversibile e l’egoismo di un hobbesiano “bellum omnium contra omnes”.
Intendiamoci, sto parlando di un sistema di valori e di prassi, non idealizzando la realtà concreta di un ambiente con i suoi umani pregi e difetti. Ebbene, si tratta di un mondo ideale/reale che può fare da significativo punto di riferimento – sopratutto per noi ebrei che lo viviamo dall’interno, certo – rispetto alle avvilenti carenze che ci circondano. Ebraismo-ossigeno, dunque, che ci permette di respirare in un mondo sempre più asfittico; ebraismo-luce, che ci porta a capire con uno sguardo dall’alto; ebraismo-rifugio o ebraismo-àncora, che ci offre riparo o appiglio rispetto a una realtà spesso oscura; ma non ebraismo-fortino, non arroccamento su posizioni impervie, bensì ebraismo-ponte o ebraismo-porta, segno cioè di disponibilità all’incontro e al dialogo.
Una appartenenza religiosa diversa da quella ebraica mi avrebbe probabilmente spinto a trovare altrove un analogo fondamento/rifugio. Ma a funzionare da valido punto d’appoggio di fronte al vuoto del mondo di oggi è anche in fondo la natura molto poco “religiosa” – nel senso comune del termine – propria dell’ebraismo; ad aiutarci è l’ebraismo come modo d’essere, più che l’ebraismo come “fede”.
David Sorani
(28 luglio 2020)