Una grande alleanza
Nel 1994 Norberto Bobbio pubblicava un libro intitolato «Destra e sinistra» in cui tentava una ridefinizione delle classiche categorie in un momento in cui il confine fra le due sembra sfumare sempre più. Ho trovato molto interessanti le riflessioni di Viviana Kasam di lunedì scorso, dove mi pareva di vedere lo stesso tentativo attraverso l’approccio al Covid19. Non concordo totalmente, però, con l’idea che, anche in questo caso, la distinzione sia così netta, per cui a destra abbiamo i negazionisti del virus e a sinistra i sostenitori delle mascherine. È verissimo che molti scenari (USA, Brasile, Italia) fanno pensare in questo senso, ma altri no. In Israele, ad esempio, non mi risulta che Bibi possa ascriversi fra coloro che negano l’esistenza di Covid19 e, anzi, vediamo pericolosi assembramenti in molte delle manifestazioni contro di lui di questi giorni. Così come io stesso guardavo con stupore i vasti raduni del movimento Black Lives Matter successivi alla morte di George Floyd e sarebbe interessante un’analisi dei dati che mostrasse se e quanto abbiano contribuito alla ripresa del virus in tutto il Paese. Persino Victor Orban non può iscriversi fra coloro che negano l’esistenza del Covid, dalla cui presenza ha piuttosto tratto ogni vantaggio possibile, accentuando quella svolta autoritaria che porta avanti ormai da un decennio. E molti altri esempi si potrebbero fare. Insomma, come ai tempi di Bobbio il confine fra i due emisferi politici sembra confuso e sfumato. Ha ragione Viviana Kasam, però, nel sostenere la percezione di una differenza. In questo caso vale il detto che un grande filosofo come Piero Martinetti diceva a proposito del fascismo: «Se è forse impossibile definire il bene, è facilissimo percepire il male». Nel mentre cerchiamo di definire una distinzione che si dà per natura (come dice un midrash la Torah inizia con la bet perché la nostra esperienza è sempre duale), un dato emerge credo inconfutabilmente: l’accelerazione del tempo in questa era social, dove le notizie sono talmente tante e rilanciate in modo talmente rapido da confondersi fra loro e consumarsi nello spazio di un secondo. Ciò rende assai complicato lo stabilirsi di una memoria comune e ci interroga nel profondo sul modo in cui possiamo conservare dei ricordi che si sedimentino in una memoria collettiva. Viene da chiedersi se, fra fake news create ad arte da spin doctor senza scrupoli, post fasulli rilanciati da migliaia di account ancor più falsi, narrazioni immaginifiche create ad arte, neologismi che si appiccicano come etichette (sovranismo, globalisti…) e meme semplificatori, sarebbe stata possibile la memoria di Auschwitz oggi. Il tema della memoria, che l’ebraismo conosce benissimo dai tempi dell’uscita da Mitzraim, è un compito centrale dei prossimi anni. Dovrebbe radunare le competenze di neurologi (dobbiamo attenderci cambiamenti morfologici?), filosofi, esponenti del mondo religioso custodi di una memoria che si conserva da secoli e secoli, esperti di scienze cognitive, psicologi. Insomma una grande alleanza fra mondo umanistico e scientifico come nei momenti migliori della cultura europea.
Davide Assael
(29 luglio 2020)