“Senza Gerusalemme non c’è vita”

“Sono venuto a dire ai prigionieri di Giudea, il cui spirito aleggia qui in questo luogo, e i cui simboli di indipendenza – la loro indipendenza perduta, la nostra indipendenza – sono scolpiti qui su questo marmo: ‘Abbiamo mantenuto la promessa. E saremo consolati con la ricostruzione di Sion'”.
In occasione del suo primo Tisha Be Av da ambasciatore d’Israele a Roma Dror Eydar ha scelto di tornare nel luogo dal quale aveva scelto di iniziare la sua missione in Italia: l’arco di Tito, dove come noto sono raffigurati gli ebrei fatti prigionieri dai romani intenti a trasportare la Menorah del Secondo Tempio di Gerusalemme appena andato distrutto.
“Da migliaia di anni, ogni anno, nel 9 del mese di Av, il popolo ebraico ha pianto la distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio. Su questa data – ricorda Eydar in un videomessaggio diffuso alla vigilia del digiuno, che ricorda quello e altri eventi luttuosi – sono state caricate tutte le nostre avversità nazionali e personali, come popolo e come individui. Abbiamo ripetuto i racconti della distruzione, i componimenti poetici della lutto, ‘sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion’. Questo ricordo ci ha preservati nelle varie diaspore in cui siamo stati dispersi. La speranza che un giorno saremmo tornati a casa, a Sion. In tutti i popoli e tutte le religioni si benedice il cibo. Ma noi abbiamo brevettato una ‘formula’ tutta nostra: ‘Grazie, Dio, per il cibo; ma non dimenticare di ricostruire Gerusalemme”’ Questo abbiamo ripetuto, ogni giorno, per migliaia di anni. I nostri saggi hanno insegnato che, come è impossibile per l’uomo vivere senza cibo, così è impossibile per il popolo ebraico vivere senza Gerusalemme”.

(31 luglio 2020)