Beirut, la ricerca della verità

Continua a salire il bilancio delle vittime dell’esplosione al porto di Beirut: ora sono 135, decine i dispersi, migliaia i feriti e gli sfollati. “Gli ospedali non ce la fanno. Molti feriti gravi hanno dovuto attendere in strada anche cinque ore prima di essere visitati da un medico. La struttura sanitaria nazionale è collassata. Per ora siamo ancora tutti sconvolti. Si contano i danni. Ma presto il Paese intero potrebbe entrare in una situazione prerivoluzionaria di contestazione radicale dell’intera classe politica”, la testimonianza al Corriere della Sera di Michelle Georgiu, commentatore per il quotidiano in lingua francese L’Orient de Jour. Repubblica racconta di come a Beirut le persone si stiano organizzando per pulire la città dalle macerie ma resta aperto l’interrogativo sulle responsabilità (si chiede un’indagine internazionale, ricorda sempre Repubblica). Due in particolare le domande sollevate sul Foglio: “Chi bloccava le tremila tonnellate di nitrato d’ammonio lasciate a decomporsi nel porto di Beirut? Il carico di nitrato d’ammonio non è mai stato spostato. Un calcolo di Hezbollah o un errore?”.

Israele non c’entra. La teoria secondo cui dietro l’esplosione che ha devastato Beirut ci sia Israele fa comodo ai terroristi di Hezbollah ma non ha fondamento, come spiega al Corriere un medico di un ospedale della capitale libanese: “Vorrei tanto dare la colpa a Israele, e non all’incuria del politici, questi incapaci corrotti che ci governano. Gli animali sono trattati meglio di noi. A noi ci ammarano con il nitrato di ammonio”. In Italia, a dare qualche credito alla teoria della pista israeliana è solo il Mattino ma senza portare prove. E la risposta a queste tesi strampalate sta sia nei gesti di solidarietà d’Israele nei confronti del Libano, con la proposta di Gerusalemme di aiuti umanitari (e la simbolica proiezione della bandiera libanese sul municipio di Tel Aviv), sia nelle parole di un funzionario del governo al Riformista: “In questo momento Israele è alle prese con l’emergenza coronavirus e di certo non ha alcun interesse a provocare un conflitto che stornerebbe risorse e acuirebbe la crisi in atto. I servizi d’intelligence libanesi sanno che Israele non c’entra niente in questa tragedia, e a confermarlo sono anche le intelligence di Giordania ed Egitto”.

Hezbollah, il partito colpevole. Mentre le teorie sull’esplosione si susseguono, quello che appare condiviso è che ci sia una responsabilità – colposa o dolosa – di Hezbollah, il partito ultrareligioso sciita che da tempo detiene una parte del potere in Libano. Il materiale esplosivo appare riconducibile all’organizzazione terroristica (Fatto Quotidiano) il cui leader Nasrallah ha minacciato, ricorda il Giornale, Israele di usare proprio il nitrato di ammonio come arma per colpire la città israeliana di Haifa. “Ridendo – riporta il quotidiano – il 16 febbraio 2016 Nasrallah disse ‘al porto di Haifa ci sono 15mila tonnellate di gas che esplodendo provocherebbero la morte di decine di migliaia di persone e ne colpirebbero 800mila. Non è una esagerazione dire che abbiamo una bomba atomica’. Ci sono molti altri esempi di come Hezbollah si sia figurato l’accumulo di gas e ammoniaca come arma di distruzione di massa”.

Libano da ricostruire. La distruzione del porto di Beirut è solo l’ultimo devastante capitolo di un paese già in ginocchio, racconta i quotidiani. Il presidente francese Macron sarà oggi in visita in Libano e, racconta il Sole 24 Ore, è partita la mobilitazione internazionale per cercare di aiutare Beirut a risollevarsi. Ma serviranno riforme strutturali tra conti fuori controllo e lo spettro dell’iperinflazione e un cambio politico, da Hezbollah fino al premier Hariri, aggiunge La Stampa. Sul quotidiano torinese, si lancia poi l’idea di un nuovo piano di pace allargando, da Israele fino al Libano, proprio sfruttando la pressante esigenza di un Medio Oriente stabile.

Coronavirus, le misure in Italia. “Dall’alta velocità ai regionali deve rimanere la distanza di un metro tra le persone. Dunque non può essere consentito occupare tutti i posti a sedere” spiega il Corriere della Sera alla luce di quanto deciso dal Comitato tecnico scientifico nominato dal governo per fronteggiare l’emergenza coronavirus.

Udine e i migranti. Parla di polveriera di Udine il quotidiano Repubblica in riferimento alla caserma dove sono stati accolti 500 migranti su decisione del sindaco Forlanini. “Tre casi di positività al Covid, 500 in quarantena fino al 15 agosto, si poteva facilmente immaginare che sarebbe finita così, in una rivolta di disperati, afgani, pakistani, cingalesi, gente che arriva seguendola rotta balcanica, e qui approda, con speranze zero”, scrive il quotidiano parlando della tensione nella struttura. Pericolose e inquietanti le parole intanto che arrivano da esponenti della politica regionale: dopo una messinscena di un gruppo di neofascisti di CasaPound in consiglio regionale a Trieste, il consigliere leghista Calligaris è intervenuto affermando: “Potevate chiedere un incontro, vi spiegavamo che nessuno qui pub bloccare la rotta balcanica perché non abbiamo la competenza”. E poi aggiungendo “io sono uno di quelli che gli sparerebbe, a quella gente lì. Tranquillamente”. Poi si è scusato. A peggiorare la situazione, aggiunge Repubblica, le gravissime parole del coordinatore della protezione di Grado, tale Felluga, che ha scritto su Facebook “non preoccupatevi, stiamo organizzando gli squadroni della morte e nel giro di due giorni riportiamo la normalità. Quattro taniche di benzina e si accende il forno crematorio, così non rompono più”.

Gerusalemme. Il tribunale civile di Roma ha accolto il ricorso di due organizzazioni filopalestinesi che chiedevano la rettifica di una risposta di un programma televisivo della Rai, L’eredità, in cui Gerusalemme era indicata come capitale d’Israele. Il programma, riporta il Secolo XIX, aveva rettificato affermando di non voler entrare nel merito della questione ma la giudice ha dichiarato che deve essere fatta un ulteriore precisazione, ovvero “Il diritto internazionale non riconosce Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele”.

Il balagan di Firenze. Inaugura stasera la nuova edizione del Balagan Café, promosso dalla Comunità ebraica fiorentina. “La serata – ricorda Repubblica Firenze – è dedicata a Daniela Misul, la presidente della Comunità ebraica di Firenze scomparsa l’8 agosto 2019, e che alle 20.30 sarà ricordata dai tanti che l’hanno conosciuta e hanno lavorato con lei”. 

Daniel Reichel