Letture facoltative – Conversazioni
Conversare con Iosif Brodskij deve essere stata una esperienza intellettuale di rara intensità. Fortunatamente, per la maggioranza degli appassionati di Brodskij che non ha avuto la possibilità di conoscerlo di persona, viene in soccorso il volume di Conversazioni a cura di Cynthia Haven pubblicato nel 2015 da Adelphi, che raccoglie interviste e dialoghi dal 1970 al 1995. In queste pagine Brodskij parla a lungo di poesia e del ruolo del poeta nella società contemporanea, ma più ancora degli argomenti affrontati è il suo stile a colpire: stile costantemente controllato a costo di apparire severo ai superficiali; stile consapevole che non esistono dettagli e ogni accento è indispensabile; stile sobrio che corrisponde a un pensare sobrio, alla maniera di Wittgenstein. È uno stile in cui l’artefice si annulla, frantumando la distanza tra autore e opera, ed è d’altronde Brodskij stesso a chiarire che, quando si legge una poesia o un romanzo, bisognerebbe conoscere meno possibile dell’autore. Posizione antintuitiva in particolare per noi italiani, abituati a guardare qualsiasi fenomeno con occhi storicistici – gli occhi di Croce e Gentile – e costretti a studiare a scuola le soporifere vacuità estetizzanti dei romanzi d’appendice di D’Annunzio, in cui è l’opera che si annulla nell’autore e non viceversa. Accentuare, per esempio, il fatto di essere ebreo, o pietroburghese, o di aver vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1987, è per Brodskij una distrazione melodrammatica. “La domanda da porsi è un’altra: sono coraggioso o codardo? Onesto o disonesto? E come tratto le donne? Bisogna domandarsi se si ragiona in modo indipendente, oppure se si è schiavi di qualche autorità”.
Giorgio Berruto