Controvento – Confrontarsi
Due articoli recentemente apparsi su queste pagine, a firma di Emanuele Calò e Gadi Luzzatto Voghera, criticano il contenuto di un video-editoriale pubblicato sul Corriere della Sera dal collega Antonio Ferrari, e implicitamente le mie dichiarazioni succintamente riportate nell’intervista.
Ferrari mi chiedeva la mia opinione sul manifesto dei giovani ebrei milanesi e le ragioni per cui se ne era sentita l’esigenza.
Gli ho risposto, da ebrea nata e cresciuta a Milano e da sempre orgogliosamente iscritta alla comunità lombarda, che c’è stato un lento e progressivo cambiamento dagli anni ’70, che ha portato a un irrigidimento sia per quanto riguarda le conversioni, i matrimoni misti, l’accesso alla scuola ebraica, sia per quanto riguarda il diritto di critica alla politica di Israele (critica che peraltro in Israele stessa viene liberamente manifestata). Stiamo andando, come lo stesso Gadi Luzzatto Voghera aveva segnalato in un suo precedente editoriale, verso un “pensiero unico” che è assolutamente contrario alla cultura talmudica e alla storia del popolo di Israel, caratterizzata nei secoli dalla vivacità del dibattito. E verso un neo-conservatorismo in materia di ortodossia religiosa e di politica, molto diverso da quello che io ricordo negli anni ’70 e ’80 a Milano – e parlo di Milano e non di Roma perché questa è a realtà che conosco.
Ferrari mi ha chiesto quelle che sono secondo me le ragioni di questo cambiamento, e le ho identificate nella diversa composizione della Comunità milanese e in particolare nel massiccio afflusso di ebrei dal Medio Oriente (né io né lui abbiamo mai circoscritto agli ebrei “libici”), che sono più conservatori nella pratica religiosa e più legati a Israele per le loro tragiche e recenti traversie. Non credo che in questa dichiarazione ci sia nulla di offensivo o discriminatorio verso la comunità mediorientale, della quale in qualche modo io stessa faccio parte avendo sposato un ebreo iracheno di cui porto con orgoglio il nome e alla cui famiglia sono molto legata. Ma rispetto alla comunità milanese i nostri fratelli mediorientali hanno in genere – sottolineo in genere – posizioni più conservatrici (e non vedo offesa in questo termine). Mai mi sarei permessa di suggerire che non abbiano prodotto cultura e pensiero di alto livello e personalità di grande prestigio, come viene suggerito negli articoli citati. Ho detto solo che sta prevalendo una visione più restrittiva e appiattita sulla politica del governo israeliano e questo spiega il disagio di chi ha idee diverse, ma se le esprime, anche garbatamente, rischia di essere vittima sui social di una vera e propria macchina dl fango messa in atto da frange estremiste che attaccano anche a livello personale e famigliare – io stessa ne sono stata vittima. Sono sinceramente dispiaciuta se qualcuno si è sentito offeso dalle mie parole, che partivano da una semplice constatazione ed esperienza di vita, ma vorrei ribadire il mio sconcerto e il mio disappunto per la radicalizzazione del dibattito religioso, politico e culturale nell’ebraismo italiano e auspicare che si possa tornare, anche attraverso queste pagine, a un confronto civile e garbato su temi che riguardano la nostra identità e il nostro futuro, in cui tutte le voci abbiano diritto di espressione e di rispetto.
Viviana Kasam