Doppia lettura
Giorni addietro, la presidentessa di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che si distingue per originalità e spirito d’iniziativa, si è pronunciata sulla canzone ‘Imagine’ di John Lennon, definendola “un inno all’omologazione mondialista”, il cui testo, invero, auspica che non vi siano più religioni, Paesi e proprietà, affinché non vi sia nulla che porti ad uccidere oppure a morire. Il testo da una parte è immaginifico, perché totalmente staccato dalla realtà, dall’altra è crudamente realistico, perché cita le ragioni principali della violenza e dell’odio. Indica, inoltre, uno scopo, che è quello di disinnescare le motivazioni che portano a morire oppure ad uccidere. Le liriche in oggetto sono passibili di diverse letture, una delle quali potrebbe essere quella di evitare che il rapporto con la religione, la nazione o coi beni, sia tale da portare alla guerra.
Invero, costei non è da sola, perché, da ultimo, la professoressa israeliana Yael Tamir (Corriere della Sera, La Lettura, 2 agosto 2020, p.6) asserisce che quella di ‘Imagine’ era un’utopia sbagliata, perché un mondo senza frontiere sarebbe ingiusto, soggiungendo che la composizione demografica di un Paese non può essere stabilita dalle ONG. La Tamir ha appena pubblicato in Italia Le ragioni del nazionalismo (Bocconi Editore); in passato aveva pubblicato Liberal Nationalism (Princeton, New Jersey, 1993), aveva contribuito a fondare Peace Now, e come ministro aveva suscitato proteste non ingiustificate. Liberal Nationalism è dedicato ai genitori, i quali le insegnarono che “essere sionista vuol dire rispettare gli individui, i loro diritti e le loro aspirazioni nazionali” (dalla dedica).
Tornando a John Lennon, ricordiamo che oltre ad essere stato un genio musicale, è stato anche un personaggio eccentrico, di cui si ricordano i “bed ins”, ossia, le proteste contro la guerra del Vietnam portate avanti esibendosi in pigiama nel letto degli alberghi assieme alla moglie Yoko Ono.
Quanto al c.d. mondialismo citato dalla Meloni, a noi pare un’idea inesistente, ma possiamo sbagliare, anche se per noi ha più o meno la stessa credibilità della Spectre, partorita dal talento di Ian Fleming; dispiace che la gentile Meloni lo menzioni e speriamo si ricreda. Per contro, è reale la questione dello Stato nazionale, teorizzata nel nostro Paese soprattutto da Pasquale Stanislao Mancini, le cui sorti, però, dipendono più dal buon governo che dalle insidie esterne, il quale buon governo dipende anche dalla demagogia di destra o di sinistra, a seconda che raggiunga quantità industriali, oppure da dose omeopatica.
In tutto questo discorso, credere che la canzone ‘Imagine’ possa inculcare una qualche ideologia, sempre a nostro sommesso parere, equivale a pensare che la lettura di Paperino possa diventare un incentivo a campare di reddito di cittadinanza. Sennonché, proprio a proposito di Paperino, da noi fu pubblicato il libro di Ariel Dorfman ed Armand Mattelart Come leggere Paperino: ideologia e politica nel mondo di Disney che prende sul serio la saga Disney, ed è inevitabile rammentarlo, quando si tirano in ballo John Lennon ed Imagine pretendendo che possano influire sul mondo. La prima edizione del libro di Dorfman e Mattelart è cilena (Como leer al Pato Donald) ed il periodo (1971) era particolarmente propizio per le doppie letture dei fenomeni: voi credete che Paperino sia innocuo, invece non lo è, il che ricorda un poco Il Manifesto di Karl Marx (voi credete che i comunisti vogliano distruggere la famiglia, ma in realtà la famiglia non esiste perché i borghesi si mettono le corna a vicenda). Il tema ricorrente è: “voi credete che ….invece quella è solo la facciata”. Ne consegue che nel Manual del perfecto idiota latinoamericano, Dorfman diventa “aquel escritor delirante que acusó al Pato Donald de ser un instrumento del imperialismo”. Magari possiamo rinvenire in Disney delle influenze risalenti, laddove Pietro Gambadilegno possa ricordare il John Silver dell’Isola del Tesoro, uno dei cui personaggi (Cane Nero) è stato ripreso da Elio Vittorini in Uomini e no. Non è tutto imperialismo, o presunto tale, laddove Steven Spielberg ha riconosciuto il suo debito con Carl Barks, il più famoso autore di Disney.
Sennonché, Ariel Dorfman è tutt’altro che uno scrittore delirante, bensì un raffinato intellettuale, autore di capolavori come La morte e la fanciulla, una delle gemme di una lunga e importante bibliografia. Poiché si può essere antimperialista, senza essere pure uno sprovveduto, costui è cittadino americano dal 2004 e insegna nella testa dell’idra, ossia, nelle università statunitensi. Non penso che farà come fece Eduardo Galeano, che ammise candidamente che quando scrisse Le vene aperte dell’America Latina. non aveva sufficienti cognizioni né di economia né di politica.
Sorprende constatare che ora Giorgia Meloni riprenda i motivi che un tempo erano appannaggio di una certa sinistra, per offrire, anche lei, una doppia lettura dei temi culturali, lettura non esente da un palese storicismo. La domanda che rimane sospesa è: di quale destra stiamo parlando? Ancora: è possibile rimuovere il fatto che Benito Mussolini sia stato, in qualche modo, un pensatore palindromo, che inizia come socialista rivoluzionario e finisce i suoi giorni sempre come socialista rivoluzionario, commemorando col comunista Nicola Bombacci i bei tempi andati, il quale Bombacci, come ultimo grido, dinanzi al plotone d’esecuzione dei partigiani prorompe in un “viva Mussolini, viva il socialismo”?
Al di là delle facili battute, e malgrado la vastissima e spesso eccellente bibliografia sulla destra italiana, rimane il legittimo interrogativo circa l’esatta conformazione del pensiero di tale destra, non ultimo quello sulla sua intima natura. Sarebbe, poi, illusorio, credere che l’ambiguità rimanga confinata soltanto ad una parte dello spettro politico nazionale, quando sovente appare ben più estesa. Magari la gentile Meloni ci concederà un giorno un incontro, per spiegare più diffusamente ciò che ora esponiamo.
La simpatica Giorgia Meloni potrebbe limitarsi a prendere atto della spiegazione di Ringo Starr; “He said ‘imagine’, that’s all. Just imagine it” (Ben Urish, Kenneth Bielen, The words and music of John Lennon, Westport, USA, 2007, p. 27). Come, dire, che le cose sono più semplici di quanto sembri, e che la vera difficoltà risiede nel capire la semplicità. Potrebbe anche arricchire il retroterra culturale del suo partito con nuove acquisizioni anziché con rivisitazioni del passato, attingendo alla letteratura moderna sul nazionalismo, dove troviamo la citata Yael Tamir, Martin Van Creveld (anch’egli israeliano, autore di The raise and decline of the State) e l’inglese Roger Scruton (The need for nations). Aggiornarsi è fondamentale, se si vuole continuare ad essere sulla cresta dell’onda.
Emanuele Calò