Il cavaliere che sogna la chuppah

Come lettura estiva propongo la riscoperta di due “cavalieri” ebrei molto diversi tra loro ma con qualcosa in comune. Le loro storie, infatti, sono state entrambe narrate in yiddish, una nel Cinquecento, l’altra a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Sono anche racchiuse in due libri di tipologie molto diverse: un raffinato saggio di alta filologia, in inglese, edito da Brill – con costi conseguenti – e un tascabile di Feltrinelli. Si tratta rispettivamente di Bovo d’Antona by Elye Bokher. A Yiddish Romance, a cura di Claudia Rosenzweig, e di Tewje il lattaio, di Sholem Aleichem.
Il primo è un’edizione critica del testo, in yiddish antico, di un poema cavalleresco in ottava rima in cui si narrano le complicatissime vicende del cavaliere Bovo e delle peripezie che deve affrontare per sposare la sua amata Drusiana. Il poema è un libero adattamento da un’opera italiana i cui protagonisti cristiani vengono ebraizzati a beneficio del pubblico di lingua yiddish, tanto da produrre un’improbabile regno ebraico nientemeno che in Lombardia. Dopo le tipiche traversie degli amori contrastati, il cavaliere e la sua dama si sposeranno non in una cattedrale, bensì sotto una chuppah. Per chi non legge correntemente lo yiddish antico, me inclusa, il testo del poema è ahimè difficile da affrontare, ma l’introduzione, ricchissima, tratteggia con grande verve la figura fascinosa di quel vero cavaliere della repubblica delle lettere che fu Elye Bokher, noto anche come Elia Levita (1469-1549), ricostruisce in dettaglio la storia del testo, ne offre un riassunto e molti godibili stralci tradotti (in inglese), creando nel lettore un desiderio struggente di una versione integrale in italiano. Il secondo è sicuramente più noto al pubblico, anche per via del musical – grazioso ma non imprescindibile – a esso ispirato, Il violinista sul tetto, ed è un classico a cui tornare sempre.

Anna Linda Callow, Dossier Libri in valigia, Pagine Ebraiche Agosto 2020