Israele-Emirati Arabi, lo storico accordo

Un’intesa dalla portata storica. È il giudizio condiviso in merito all’accordo annunciato ieri tra Israele ed Emirati Arabi Uniti che, con la mediazione degli Stati Uniti, porterà alla normalizzazione dei rapporti tra i due paesi (Corriere, Stampa, Repubblica, Sole 24 Ore, Giornale). Ad annunciare il raggiungimento dell’accordo di Abramo – questo il nome del patto -, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. “Enorme svolta oggi! Storico accordo di pace tra due nostri grandi amici, Israele ed Emirati Arabi”, il tweet con cui il presidente Usa ha dato al mondo la notizia. “Le delegazioni di Israele e degli Emirati Arabi Uniti si incontreranno nelle prossime settimane – si legge nella dichiarazione congiunta – per firmare accordi bilaterali riguardanti gli investimenti, il turismo, i voli diretti, la sicurezza, le telecomunicazioni, la tecnologia, l’energia, l’assistenza sanitaria, la cultura, l’ambiente, la creazione di ambasciate e altre aree di reciproco vantaggio”. In cambio della normalizzazione dei rapporti, Israele si è impegnata a sospendere il piano di annessione di parte della Cisgiordania annunciato dal Premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Nel corso di una conversazione telefonica con il presidente Trump e il premier Netanyahu è stato raggiunto un accordo per fermare ulteriori annessioni di territorio palestinese. Gli Emirati e Israele hanno convenuto di cooperare e di stabilire una road map per l’istituzione di relazioni bilaterali”, il commento sui social del principe ereditario degli Emirati Mohammed Bin Zayad.

Le reazioni politiche in Israele. “Inizia una nuova era”, così il Premier Netanyahu ha definito l’intesa con gli Emirati Arabi. Come ricorda il Giornale, Netanyahu ha citato gli accordi di pace con Egitto (1979) e Giordania (1994) come precedenti illustri e dichiarato che quello con il paese del Golfo rientra nello stesso storico solco. Dall’altro lato, scrivono Stampa e Corriere, la sospensione dell’annessione sta generando malumori nella destra israeliana. Per questo Netanyahu ha rassicurato quella parte della sua base dicendo che si tratta di uno stop solo temporaneo. Secondo l’analista israeliano Mordechai Kedar, intervistato da Repubblica, “Israele non avrebbe dovuto condizionare l’accordo alla questione della sovranità. Se gli Emirati vogliono fare la pace, deve tessere indipendentemente dai palestinesi”. In ogni caso il suo giudizio è positivo, così come quello dello scrittore israeliano Abraham B. Yehoshua, intervistato da La Stampa: “Ogni miglioramento dei rapporti con il mondo arabo è una buona notizia. Di certo però questo accordo non promuove uno Stato palestinese”, il giudizio dello scrittore secondo cui “Lo Stato bi-nazionale è il nostro futuro, dobbiamo cercare di arrivarci gradualmente, passo dopo passo, senza guerra, ma non ci sono alternative”.

Accordo anti-Iran. Diverse analisi pongono l’accento sulla funzione anti-iraniana dell’intesa tra Israele ed Emirati Arabi Uniti, che potrebbe così aprire la strada a nuovi rapporti tra Gerusalemme e gli altri paesi del Golfo (già avviati da tempo sottotraccia). “Per 40 anni, la pace con Israele passava dal Cairo e da Amman, capitali dei due soli paesi arabi che avevano instaurato relazioni diplomatiche con Gerusalemme – scrive Enrico Franceschini per Repubblica – ma è stata quasi sempre una pace fredda, senza una visione che andasse veramente oltre l’irrisolta questione palestinese. Ora la palla passa agli sceicchi del Golfo, con gli Emirati a fare da apripista all’Arabia Saudita”. Il piano per l’intera regione, aggiunge il quotidiano, è “garantire la sicurezza contro Teheran e aprire una nuova era di cooperazione basata sul triangolo fra eccellenza tecnologica israeliana, sostegno politico americano e risorse economiche di Emirati e Arabia Saudita”.

Una vittoria di Trump. Altro elemento su cui i giornali sono concordi, è che l’intesa rilancia il presidente Trump sia a livello internazionale sia nazionale, con sullo sfondo la corsa per ottenere a novembre un secondo mandato. “L’alleanza fra Gerusalemme e il fronte sunnita è un disegno che ha perseguito coerentemente dall’inizio della presidenza. – evidenzia Stefano Stefanini su La Stampa – Adesso una cartuccia che il Presidente si giocherà in chiave elettorale. Rientra anche nella visione di un’America che si ritira dalla sovraesposizione, in questo caso in Medio Oriente, forzando gli alleati a fare di più da soli per la propria sicurezza”. “La firma, secondo i media Usa, – scrive sul Fatto Giampiero Gramaglia in un articolo dal titolo “Trump-paciere, se non al Nobel punta almeno alla rielezione” – potrebbe avvenire nelle prossime settimane, in ogni caso prima delle elezioni del 3 novembre, per rilanciare l’immagine internazionale del magnate presidente”.

I palestinesi. “Per i palestinesi è finita: non sono un fattore nei calcoli dei Paesi arabi. Gli Emirati sosterranno l’annessione, ma la verità è che i palestinesi non sono in cima ai loro pensieri: l’Iran, la Turchia, i rapporti con gli Usa sono questioni strategiche che contano molto di più”, così al Corriere Vali Nasr, docente di Affari internazionali e Studi del Medio Oriente alla Johns Hopkins University. L’accordo, dichiara l’analista, dimostra che i palestinesi non sono più una questione prioritaria per diversi paesi del mondo arabo. Palestinesi che, scrive La Stampa, hanno reagito all’accordo parlando di “tradimento dei nostri fratelli arabi”. “L’outing del rapporto tra Israele e Golfo applaudito dal presidente egiziano al Sisi smaschera l’ipocrisia diffusa: nella guerra a distanza contro l’Iran si può ben sacrificare la causa palestinese”, le parole di una fonte vicina al leader di Hamas Haniyeh riportate dal quotidiano torinese.

Ricordo di Tullio Levi. Alberto Olivetti ricorda la figura di Tullio Levi, a lungo presidente della Comunità ebraica di Torino, in un ampio articolo pubblicato dal Manifesto. Nel concludere il suo ricordo, Olivetti scrive: “si è detto dello spirito di accoglienza e di inclusione come di una modalità di Levi affermata nello spirito della Costituzione. Si è detto del suo impegno – nel nome di Shimon Peres – per la pace. E si è detto del suo infaticabile operare all’affermazione di quei valori. Quell’operare, quell’impegno civile, la rarissima umanità di Levi hanno il loro fondamento nella sua spiritualità e nella sua spiritualità trovano alimento”.

Daniel Reichel