Normalità

La repentina svolta diplomatica che ha condotto il premier israeliano Netanyahu ad annunciare la normalizzazione dei rapporti con gli Emirati Arabi Uniti è un segnale – l’ennesimo – della natura normale dello Stato d’Israele. Normale nel senso che si tratta di uno stato secolare che ha interessi economici e diplomatici che rientrano nella norma della dialettica fra stati sovrani. Una normalità a cui peraltro aspiravano i suoi padri fondatori, e che pare si stia realizzando, nel bene e nel male. Questo dato di fatto dovrebbe chiamare a prudenza chi si sbraccia instancabilmente dai social e nelle chat di diverse tendenze politiche (s)ragionando su un Israele ideale e ideologica che da tempo sta svanendo. In pratica, a parlare di Israele sulla base di definizioni apodittiche sono rimasti gli antisemiti professionisti, che identificano quello stato come il male assoluto, colpevole a prescindere; e una variegata costellazione di ebrei (soprattutto diasporici) che fanno fatica ad accettare la normalizzazione e preferiscono cullarsi nei ricordi del pionierismo o nei sogni politico/messianici. Intendiamoci: la normalità in Medio Oriente non esiste. Non è normale, ad esempio, che quel Paese si debba difendere dal lancio di decine di ordigni incendiari lanciati ogni giorno da Gaza con l’intento dichiarato di distruggere i raccolti della più che florida agricoltura israeliana. E non è normale che il Libano rifiuti l’offerta avanzata dalla protezione civile e dal sistema sanitario israeliano preferendo sprofondare nel buco nero causato da 2500 tonnellate di nitrato d’ammonio. Ma a parte questi dettagli, Israele è proprio un Paese normale. Con un governo traballante che fa fatica a far fronte all’emergenza Covid, con una manifestazione antigovernativa ogni giorno, con una crescente e diffusa povertà (forbice sociale in costante divaricazione), con centinaia di scuole che non hanno ancora internet. Ma anche con un ottimo sistema di welfare, un elevatissimo standard culturale, un’economia dinamica e giovane e un inesauribile vena letteraria che sforna di continuo scrittori di alto livello confermando la versatilità di una lingua antica e moderna come l’ebraico. Non intendo esprimermi sugli sviluppi diplomatici annunciati nelle ultime ore. Mi limito solo a notare che dopo mesi di polemiche sul fantasmagorico progetto di Trump sul futuro della sponda occidentale del Giordano, la realpolitik ha mostrato tutta la sua potenzialità nel fare a pezzi tutte – dico tutte – le posizioni ideologiche che si erano esercitate in quel confronto. Amen.

Gadi Luzzatto Voghera, storico