L’unione è una mitzvah

Nella parashà Aharé Moth troviamo una serie di divieti di unioni tra uomo e donna: una buona parte di questi divieti vengono confermati e ribaditi nella successiva parashà di Kedoshim. È una lunga lista di combinazioni di cui è difficile cogliere il significato. L’elemento che sembra trasparire dalla serie dei divieti è la tutela del pudore di una persona che che è più o meno vicina per parentela al possibile trasgressore. La tutela del pudore del congiunto però è un motivo che appare poco convincente. La traduzione rende “nudità”, ma in effetto la parola impiegata dalla Torà è “‘erevah”, che significa organo riproduttivo, il che dimostra che l’implicazione è più complessa della semplice offesa al pudore. Infatti se analizziamo le norme da un punto di vista diverso, quello genetico, questi divieti assumono un rilievo importante e dimostrano una conoscenza della Biologia che lascia stupefatti per la sua profondità. Ma per capirne il valore occorre fare un passo indietro.
La creazione di Bereshit non si è esaurita nei sei giorni canonici: la creazione continua e il Signore l’ha affidata alle sue creature. Non a caso, secondo l’enumerazione di Maimonide, la mitzvah “crescete e moltiplicatevi” è la mitzvah numero uno. Ma perché ricorrere ad un meccanismo così complesso come l’unione sessuale che indubbiamente presenta tutta una serie di difficoltà che qui non possiamo descrivere. Tuttavia val la pena di citare solo un elemento: un individuo per riprodursi ha bisogno di trovare un partner. Perché dunque non utilizzare il meccanismo ben più semplice della scissione cellulare? Occorre fare un’ulteriore premessa: anche se apparentemente siamo tutti uguali, la base della nostra esistenza e le qualità fisiche (e non solo) sono controllate da una quantità di innumerevoli geni delle nostre cellule.
Gli esseri viventi creati nei sei giorni di Bereshit hanno una resistenza alle varie cause di logorio, relativamente limitata. Se non fossero stati dotati di un meccanismo particolare, la moltiplicazione, che rinnova gli individui (cioè letteralmente crea individui nuovi ad ogni generazione) il Pianeta poco dopo la Creazione sarebbe divenuto un deserto. Ma la moltiplicazione non è un meccanismo unico, ma con l’evoluzione, nelle diverse specie diviene sempre più complesso e completo.
Premesso che in tutti gli individui i caratteri sono regolati da un sistema binario: per ogni carattere (o parte di carattere) il controllo della sua espressione avviene grazie all’interazione di due geni (localizzati sui due cromosomi omologhi) che controllano lo stesso carattere, ma in modo non identico. E si è constatato che se i due geni omologhi sono diversi, cioè danno “ordini” un po’ diversi tra loro, il risultato è migliore, probabilmente perché gli organi controllati possono adattarsi meglio agli stimoli diversi e talvolta variabili, dell’ambiente. È appurato, sia negli allevamenti animali che in quelli vegetali, che l’uniformità genetica, anche se allineata su caratteri di pregio, porta ad una diminuzione di vigore e l’individuo, anche se riccamente dotato di un carattere di pregio, perde vigore in tutti gli altri caratteri dell’ organismo. Chiaramente, per piante e allevamenti zootecnici, la sperimentazione ha potuto essere condotta senza alcuno scrupolo e in piena libertà. Nella specie umana questo non è ovviamente possibile, ma in tutti quei casi nei quali, per un motivo o per l’altro si è realizzata una discendenza con origini molto (troppo) affini i risultati sono stati più o meno sempre negativi per lo sviluppo e addirittura per la sopravvivenza delle nuove generazioni.
La biodiversità, invece, contribuisce in maniera decisiva allo sviluppo e al progresso della vita sul pianeta attraverso l’assortimento diverso di milioni di geni che servono a comporre e coordinare la struttura vivente, di migliaia di piante e animali che popolano la Terra.
È quindi importante, addirittura fondamentale, favorire in tutti gli individui la biodiversità. Questa può essere manifesta perché gli individui sono dotati di caratteri diversi tra loro per ogni gene. Ma esiste tutta una serie di caratteri spesso solo funzionali che sono difficili da riconoscere, ma forniscono all’individuo una buona resistenza agli elementi di logorio provenienti dall’ambiente. Ma per mantenere e trasmettere alle generazioni successive la variabilità è necessario rinnovarla ad ogni unione. Il meccanismo nascosto e, a prima vista non manifesto, è la ricombinazione del patrimonio genetico che avviene durante il processo di meiosi, cioè quella speciale divisione cellulare che prepara la formazione dei gameti. Il processo sebbene molto frequente è assai complesso e non è possibile, in questa sede entrare in ulteriori e più approfonditi dettagli. Il risultato comunque è l’assortimento diverso e nuovo di geni rispetto a quello dei genitori e l’unione tra due “patrimoni genetici” diversi tra loro e nuovi rende l’individuo più resistente alle avversità ambientali. In questo modo ogni individuo rappresenta un’innovazione che prosegue l’Opera Creativa che l’Eterno ha cominciato nei sei giorni del Bereshit e che le Sue creature sono tenute a proseguire. Ma se l’unione avviene tra individui troppo simili tra loro a causa della genealogia comune questo vantaggioso rimescolamento, questa innovazione nell’assortimento dei caratteri non ha luogo e di conseguenza viene a mancare il rimescolamento innovativo: in questo caso l’unione sessuale non fa che ripetere e rafforzare l’espressione (in un certo modo) di uno stesso carattere: ma se questo “modo” si ripete per molti caratteri e non è il più adatto alla sopravvivenza in un certo ambiente, l’individuo deperisce, addirittura fino alla morte.
La Torah è ben conscia di questo fatto e mette in guardia gli uomini da questo pericolo.
Questo meccanismo è stato scoperto e spiegato grazie allo studio della genetica moderna, ma non poteva certo essere compreso nell’ antichità e quindi si ricorre a linguaggio più comprensibile, ma comunque esplicito: l’impiego della parola “‘erevah” dimostra che la preoccupazione della norma è la sanità della riproduzione: la traduzione “nudità” è semplicemente frutto del pudore dei traduttori, ma la salute e il successo della discendenza appare essere il motivo primario della norma.

Roberto Jona, agronomo

(18 agosto 2020)