Ebrei a Nettuno, una storia di coraggio

Il 6 agosto è mancato a Nettuno Giorgio Senise (nell’immagine), figlio di Francesco Senise e di Gilda Rossi, che durante l’occupazione nazista ospitarono nel proprio podere di Nettuno oltre un centinaio di nettunensi, tra cui 20 ebrei (alcuni residenti lì, altri provenienti da Roma) che si salvarono dalla deportazione certa grazie al loro aiuto: per questo la famiglia Senise è stata insignita nel 2009 del riconoscimento di “Giusti tra le Nazioni”. 
In particolare, la famiglia di Celeste Terracina, dopo l’8 settembre 1943 aveva cercato rifugio presso quella dei Senise, che conosceva, per esser clienti del loro negozio; dopo qualche giorno arrivarono altre famiglie alle quali i Senise offrirono rifugio. Le nascosero nella loro casa e in una casa colonica nel podere di loro proprietà.
Come racconta Giorgio Senise in una lettera scritta per gli studenti del Progetto “Il filo della memoria”, i coloni che vivevano nel podere si erano rivolti a suo padre per dirgli che stava mettendo in pericolo la vita sua e quella della sua famiglia per dar rifugio agli ebrei e che loro non erano disposti a correre lo stesso rischio perchè chi dava rifugio agli ebrei sarebbe stato punito duramente. L’ingegner Senise però rispose: “Capisco la vostra paura di essere coinvolti in questa operazione, ma questi sono fratelli che hanno bisogno di essere protetti, per cui vi lascio liberi di andare altrove”.
E fu così che, dopo l’evacuazione della popolazione di Anzio e Nettuno oltre i cinque chilometri dalla costa per ragioni strategiche, arrivarono altre decine di persone che furono ospitate nel podere dei Senise.
Un giorno – è ancora il racconto di Giorgio a farcelo sapere – l’arrivo di un soldato tedesco sorprese gli ebrei che stavano in cortile e terrorizzando non solo loro ma anche il Senise, uno di loro disse che era polacco, catturato dai tedeschi che l’avevano obbligato a vestire quella divisa e che era venuto ad avvisarli che le SS. avevano saputo di ebrei nascosti lì, per cui avrebbero fatto un sopralluogo.
Il padre di Giorgio Senise decise all’istante di organizzare un carro con due buoi, qualche provvista e acqua per trasferire e nascondere gli ebrei nel bosco che confinava con loro.
Poi finalmente arrivò il 22 gennaio ‘44, giorno dello sbarco degli alleati.
Molti anni dopo Celeste Terracina raccolse le testimonianze e segnalò i fatti allo Yad Vashem e di lì ebbe inizio il procedimento che portò al riconoscimento attribuito alla famiglia Senise.

(19 agosto 2020)