Agenzia ebraica: ‘Aliyot in crescita’
Della Pergola scettico: ‘Fuori dalla realtà’
Per i prossimi cinque anni Israele deve aspettarsi l’afflusso di circa 250mila nuovi immigrati provenienti da varie realtà ebraiche della Diaspora. Una media quindi di 50mila all’anno. È il numero fatto dall’Agenzia Ebraica in un report presentato domenica alla presenza del Capo dello Stato Reuven Rivlin. L’occasione è stata una visita a un istituto di formazione che si rivolge proprio ai nuovi arrivati. Il rapporto registra un trend in forte crescita rispetto a quello attuale: nel 2019, un anno che viene definito “normale”, gli arrivi sono stati 35mila. A determinare l’impennata, stando a quel che riferisce l’Agenzia, l’attuale emergenza sanitaria. Nonostante la precaria situazione contingente e il boom di contagi, Israele sarebbe infatti visto come un Paese di maggiori opportunità rispetto ai Paesi d’origine. Nella sola prima parte del 2020, riferisce l’Agenzia, le telefonate ricevute con richieste d’informazione sono state all’incirca 90mila. Molte più del solito, con una crescita del 31% nei Paesi occidentali. Ancor più rilevante il numero delle pratiche aperte: circa 25mila, con una crescita del 91% nei Paesi europei e del 400% nel Nord America. “L’immigrazione verso Israele ha sempre dato, in tutta la nostra storia, un significativo contributo in campo economico, culturale e sociale. Israele deve continuare a cogliere quest’opportunità, confrontandosi con l’Agenzia Ebraica e le altre organizzazioni impegnate in questo ambito per allestire un piano nazionale all’altezza”, l’osservazione fatta dal presidente dell’Agenzia Isaac Herzog davanti a Rivlin. Rivolgendosi agli studenti, il Presidente israeliano ha invece affermato: “Avete deciso di fare l’Aliyah in un tempo di sfide, quello del Covid. Le sfide che affronterete diventeranno le storie che racconterete ai vostri figli e nipoti”.A contestare i numeri fatti nelle scorse ore è però una delle massime autorità in materia, il demografo Sergio Della Pergola. Le proiezioni dell’Agenzia Ebraica, sostiene l’autorevole studioso, “sono basate più su speranze che su fatti razionali”.
Secondo Della Pergola sarebbe infatti fuorviante limitarsi al solo numero delle richieste pervenute, senza specificare in che momento dell’emergenza queste sono arrivate. “All’inizio il mondo intero appariva in sofferenza, mentre Israele sembrava aver ben limitato i danni. Purtroppo – sottolinea – la realtà da allora è molto cambiata”. E questo, secondo la sua opinione, avrà un impatto decisivo in termini di Aliyot. Lo sottolinea anche in un grande studio sul fenomeno della migrazione ebraica in Israele che sta completando in questi giorni. Al centro dell’attenzione le scelte effettuate negli ultimi 30 anni dai cittadini ebrei di 16 Paesi differenti (tra cui l’Italia). “La scelta dell’Aliyah è, come noto, una scelta anche valoriale e ideologica. Ma nel 70% dei casi, come dimostrerò in questo studio, motivata da ragioni economiche. In uno scenario radicalmente mutato come quello attuale, con una grave impennata della disoccupazione e molti altri problemi aperti, credo che i numeri presentati dall’Agenzia ebraica siano assai lontani dalla realtà”. Della Pergola prevede una significativa contrazione da questo punto di vista. E sul fronte opposto una intensificazione della Yeridah, la scelta di lasciare il Paese operata da un numero crescente di cittadini israeliani. “La gestione fallimentare dell’emergenza, la situazione dell’economia, ma anche l’insofferenza che tanti giovani hanno verso l’attuale governo: sono tutti fattori che incideranno in modo importante”.
(19 agosto 2020)