I dibattiti sul Covid
Lars Von Trier è un regista molto discusso, anche a causa delle sue deliranti parole su Hitler e Israele che gli procurarono un’espulsione da un’edizione del Festival di Cannes, dove pure era fino a quel momento una star incontrastata. Resta, però, un genio con pochi eguali nel suo lavoro. In quel capolavoro che è Dogville (da non trascurare il seguito visto da pochi Manderlay) l’arrivo della fuggiasca Grace stimola il filosofo del villaggio ad inaugurare un esperimento sociale basato sull’accoglienza e sulle scelte condivise. Per ogni decisione si vota e la comunità si adegua al parere della maggioranza. Però… c’è un però. Ogni anno i campi del villaggio sono scossi da venti che li mettono a rischio. Bisogna, dunque, attuare un sistema di protezione che si alzi all’ora in cui tutti sanno arriveranno. Un giorno si rompe l’orologio della Chiesa del villaggio su cui tutti si regolano. Come si stabilisce a che ora fissare le lancette? Beh, ovvio, per maggioranza. Ma, dirà la voce narrante che ci accompagna per tutto il film, è assai difficile stabilire l’ora a maggioranza; la natura ha delle regole che vanno solo constatate. Risultato: i venti arrivano e distruggono il raccolto necessario per l’anno. Ecco, quando sento i dibattiti su Covid e discoteche, Covid e scuola, mi viene sempre in mente questa scena. Benissimo i diritti degli esercenti, benissimo le lezioni vis-à-vis, ma come si fermano questi benedetti contagi? Ora si dice che non si può chiudere una scuola se vengono riscontrati infetti. E se poi anche altri sono stati contagiati? Persone che porteranno il virus a casa, lo trasmetteranno ai famigliari, che a loro volta lo trasmetteranno ad amici e colleghi… Insomma tutto ciò che conosciamo bene. A questa domanda nessuna risposta se non un sonoro “Me ne frego!”. Poi, quando arriva il vento, tutti piangono.
Davide Assael
(19 agosto 2020)