Oneri e non solo onori

“E scriverà per sé questo libro della Torà, davanti ai Cohanim” (Deuteronomio 18).
L’elezione di un re in mezzo al popolo non viene vista di buon occhio da D-o, perché, se il popolo osservasse ciò che è scritto nella Torà, non avrebbe bisogno di una guida.
Comunque, fra le prime cose che egli doveva fare in caso di elezione era quella di scrivere un Sefer Torà – o soltanto il libro di Devarìm (chiamato Mishné Torà) – da cui attingere insegnamenti, anche per il suo ruolo.
La caratteristica di un organo di potere – come anche quello supremo – è diversa fra quella ebraica e le altre.
Gli ebrei non hanno bisogno di un “capo” che indichi loro la “strada da percorrere” essendo stati definiti “mamlekhet kohanim – reame di sacerdoti”, ma di un “madrikh – una guida”. Anche nel moderno Stato di Israele, chi comanda l’esercito è colui che deve trovarsi, in caso di guerra, in prima linea e non nella “stanza dei bottoni”. È colui che attraverso le sue gesta deve assumersi tutta la responsabilità delle sue azioni e di ciò che succede fra i suoi subalterni.
Il re quindi doveva essere “uno dei nostri”, disposto a mettere in vista la sua faccia per tutto ciò che avveniva…
Non è semplice trovare chi è disposto ad accettare oneri e non solo onori.

Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna

(21 agosto 2020)