La scuola in bilico
Trepidazione e tanta incertezza sulla prossima, prefissata riapertura delle scuole. Il Ministro Lucia Azzolina assicura che il 14 settembre si ripartirà, ma il contagio è purtroppo in crescita e le strategie per tenere sotto controllo l’eventualità (quasi una certezza) della moltiplicazione di nuovi casi nelle classi sono tutte da costruire. L’unica cosa già nota è la chiusura di molti istituti per referendum ed elezioni locali dopo appena una settimana: indice emblematico del valore dato alla formazione dei giovani da un sistema politico incapace di allestire sedi alternative per gli appuntamenti istituzionali.
Che cosa accadrà ai primi allarmanti contagi tra gli alunni? Test generalizzati nelle scuole interessate? Quarantena per le classi colpite? Come si procederà con la didattica? Si arriverà a chiudere gli istituti flagellati, o si troverà il modo di proseguire dopo l’isolamento dei malati? Non risulta che finora esistano piani definiti ai quali Dirigenti Scolastici e Consigli di Istituto possano fare riferimento. Probabilmente, e drammaticamente, si navigherà a vista, contando sul buonsenso di presidi e docenti e sperando nella buona sorte.
Un settore totalmente trascurato dagli organismi competenti (Ministero e Uffici Scolastici Regionali) e dai mass media è proprio quello relativo al tipo di formazione al quale fare ricorso in tempi di emergenza e ai modi di praticarla. Posto che la scuola dal vivo (“in presenza”, come si usa dire nei tempi strani che stiamo vivendo) è la sola vera scuola per la socialità e il clima di confronto/dibattito che naturalmente possiede, come surrogarla quando diviene impraticabile o semi-praticabile?
Si è detto da più parti che la didattica a distanza (DaD, per gli amanti delle sigle) non è adatta agli allievi più piccoli. Con quali strumenti didattici si potranno dunque affrontare le prevedibili chiusure di intere classi di scuola primaria per casi di coronavirus con conseguente quarantena generalizzata? Mancando consigli e confronti sul tema, anche qui gli insegnanti dovranno far ricorso alla loro esperienza e alla loro fervida creatività. E venendo per l’appunto agli studenti più grandi e alla DaD, credo ci siano varie questioni da considerare. Innanzitutto, la validità di questo metodo va molto ridimensionata: ostacoli al colloquio docente/discente, creazione di modelli a senso unico, incremento della disparità tra chi possiede e chi non possiede i supporti tecnologici, banalizzazione e strumentalizzazione (che Adorno avrebbe detto “reificante”) del composito processo formativo sono solo alcune delle controindicazioni generali rispetto alla DaD. Per chi volesse approfondire questi aspetti, ecco il link a un bell’articolo di Girolamo De Michele recentemente pubblicato su Doppiozero.
Andando oltre e nonostante questi limiti, nei prossimi mesi non si potrà fare a meno di un consistente ricorso alle lezioni on-line. Ma su quali basi, al di là delle esperienze fatte direttamente nei mesi scorsi da tanti docenti? Non mi risulta che a livello centrale o locale le istituzioni scolastiche abbiano promosso iniziative volte ad approfondire il tema per fornire agli insegnanti un bagaglio di formazione in un ambito che si ritiene decisivo.
La DaD rischia insomma di trasformarsi in una presunta panacea o in un facile alibi quando saremo privi della scuola in presenza, rimanendo spesso invece una scatola vuota, che ancora una volta toccherà agli insegnanti di buona volontà e di fine ingegno riempire con la propria inventiva.
L’uso strumentale della didattica a distanza è peraltro già cominciato, se è vero che il Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte in una intervista a La Stampa ha preannunciato per le scuole superiori il taglio dei fondi destinati alle supplenze nei casi di emergenza, riservando gli stanziamenti a primarie e secondarie inferiori e adducendo a giustificazione la possibilità della secondaria di secondo grado di ricorrere
all’insegnamento a distanza. Come se si trattasse di una metodologia ormai acquisita e padroneggiata. Come se per i liceali la scuola autentica nelle proprie classi non fosse altrettanto fondamentale. Come se tanto alle superiori potessero benissimo arrangiarsi con rimedi fatti in casa.
Perché le istituzioni scolastiche italiane continuano a preoccuparsi freneticamente e senza effettivo costrutto solo dei locali scolastici, dei banchi, delle distanze, della data di inizio della grande kermesse, senza dare la minima importanza agli aspetti didattici del fare scuola e alla costruzione di una docimologia dell’emergenza?
David Sorani
(25 agosto 2020)