Periscopio – Guarisci presto Israele

Le immagini trasmesse dalla televisione, con la folla di dimostranti inferociti davanti all’abitazione privata del Premier Netanyahu, impegnati in una manifestazione di protesta tutt’altro che pacifica e civile, con la polizia costretta frenare, in qualche modo, le intemperanze dei presenti, suscitano grande sconcerto, amarezza, delusione, e rappresentano un ennesimo colpo di piccone all’idea (in cui molti, evidentemente ingenuamente, avevano creduto) secondo cui Israele sarebbe un Paese diverso dagli altri, contrassegnato – pur nella vivacità del dibattito politico – da fermi valori di dialogo, democrazia, rispetto del diritto e delle leggi, libero e sereno confronto tra opinioni diverse. Molti fatti, da ormai molto tempo, sembrano dirci che non è più così. A una certa età è difficile abbandonare degli ideali che hanno segnato un’intera esistenza, prendere atto che erano solo delle illusioni, e si preferisce pensare che si tratti di disturbi passeggeri, che non incidono sulla “vera” anima della nazione. Anch’io sono attestato su posizioni simili, ma speriamo che i disturbi passino presto, un po’ di ingenuità è perdonabile, troppa no.
Quelle scene mi sono sembrate particolarmente intollerabili proprio perché confliggenti con l’idea di una società libera, civile e democratica. In un regime dittatoriale o autocratico è comprensibile che la gente, priva di altri mezzi per manifestare il proprio pensiero, scenda rumorosamente in piazza, e attacchi il “potere”, accettando anche i rischi conseguenti. Ma ciò non dovrebbe accadere là dove è assolutamente possibile fare sentire liberamente e pacificamente la propria voce, e contribuire, col proprio voto, al destino comune. Se tutto ciò sembra non bastare, evidentemente, c’è qualcosa che non funziona.
Quelle scene turbano, soprattutto, per il fatto che le manifestazioni si sono svolte davanti non all’ufficio pubblico del Premier, ma alla sua abitazione privata, e ciò mi sembra un segnale di imbarbarimento, perché anche il peggiore dei politici, e perfino dei dittatori, ha diritto a una vita privata, a trascorrere delle ore di tranquillità nella propria famiglia. Non fare distinzione tra vita pubblica e privata è davvero una cosa incivile. Non è la prima volta che accade, in Israele, certo. Tutti ricordiamo le indegne gazzarre organizzate, ai tempi degli accordi di Oslo, davanti alla casa di Rabin, e tutti ricordiamo anche come andò a finire. Qualcuno forse si augura che la storia si ripeta?
A quanto riferiscono i mass media, le ragioni della protesta sarebbero state due: l’inadeguato contrasto al Covid 19 e le accuse penali pendenti contro il Premier. E, tra le due, c’è una grande differenza. Quanto al primo motivo, i manifestanti hanno torto marcio, sia nella sostanza che nella forma. La pandemia è un flagello che colpisce tutto il mondo, e nessuno ha la bacchetta magica. Appena un governo assume misure restrittive, vene subito accusato di essere esagerato e liberticida, mentre, appena allenta le briglie, diventa subito inadeguato e irresponsabile. Forse i manifestanti conoscono la ricetta giusta? Se assumessero loro il comando, sono sicuri che sconfiggerebbero il Corona in quattro e quattr’otto?
Quanto alla seconda ragione di protesta, la mia condanna delle modalità delle manifestazioni è la stessa di prima, ma ritengo che la responsabilità dei manifestanti vada anche condivisa con chi ha esibito atteggiamenti irresponsabili nei confronti del sistema giudiziario del Paese. Intendiamoci: in uno stato di diritto vige sempre la presunzione di innocenza, e quindi, per me, Netanyahu, oggi, è innocente, e la Corte Suprema, con voto unanime, ha deliberato che è pienamente titolato, pendente il processo, a svolgere la sua funzione. Ma nessuno, nessuno è al di sopra della legge, e le parole di disprezzo rivolte dal Premier contro la Procura e contro lo stesso tribunale sono assolutamente intollerabili, così come è gravissimo parlare di un “processo politico”. Nessuno, davvero nessuno, neanche tra i più sfegatati fan del Premier, nega che abbia commesso qualche errore o imprudenza, e la discussione verte unicamente sul fatto se tali mancanze abbiano solo un profilo etico o anche penale. Distinzione forse difficile, ma la domanda è: chi decide il discrimine? I giudici? l’imputato? la folla? Se l’imputato pare levare valore alla parola dei giudici, per darlo solo alla propria, o al “popolo”, non può dolersi che anche la folla (il “popolo”) voglia dire la sua (come fece, tanto tempo fa, negli stessi luoghi, scegliendo tra Gesù e Barabba), con tanti saluti allo stato di diritto, buon’anima.
Guarisci presto, Israele, la tua indisposizione sta durando tra troppo tempo.

Francesco Lucrezi