Ticketless – Lodo
‘Lodo’ è una parola del vocabolario politico intraducibile. Apparentato con le ‘convergenze parallele’. Credo risalga agli anni Ottanta e appartenga a quel lessico surreale cui allude scherzando nelle sue memorie Henry Kissinger quando descrive i suoi incontri a Roma. Del Lodo Moro, cioè del segreto patto fra OLP e governo italiano, si parla a bassa voce da anni come di una possibile causa delle stragi rimaste senza colpevoli (Bologna, Italicus, Ustica). Poco rilievo i giornali hanno dato alla notizia che la presidenza del Consiglio ha ribadito la volontà di prorogare di un altro decennio il segreto di Stato sulla corrispondenza intercorsa agli inizi degli anni Ottanta fra il Centro del Sismi a Beirut e il Sismi stesso. Il 22 agosto il governo ha detto no ad una delle figlie delle vittime con una motivazione per me mostruosa: la divulgazione di quelle carte contribuirebbe “ad arrecare grave pregiudizio agli interessi essenziali della Repubblica”. Per chi si occupa di ricerca storica la questione del segreto di Stato inquieta sempre, come inquietano le porte chiuse degli archivi. Giustamente abbiamo protestato ad alta voce quando i nostri sospetti cadevano sugli archivi di Pio XII o sulla matrice neofascista delle stragi. Sul Lodo Moro invece vige la antica legge manzoniana. Sopire, tacere. Credo sia il portato di una stagione antica, appunto, quella degli anni Ottanta, quando nei rapporti con Israele, secondo un paradosso tutto nostrano, il punto di vista del potere convergeva con quello di chi quel potere voleva abbattere.
Alberto Cavaglion