Un Medio Oriente diverso
Ne ha parlato la settimana scorsa Valentino Baldacci e non si può che concordare sulla portata storica dell’accordo, ancora da formalizzare, fra Israele e Emirati Arabi Uniti. Un accordo con molte conseguenze di carattere geopolitico, che comunque crea un chiaro asse anti-Iran in Medio Oriente. Viene così ribaltata la strategia obamiana: il Medio Oriente sì cambia, ma la novità non è la reintroduzione dell’antica Persia negli equilibri della regione, bensì l’alleanza strategica fra Israele e mondo arabo. Non so quale per Israele fosse l’ipotesi migliore perché in entrambe le opzioni c’è chi si avvicina (Abu Dhabi, Oman, Arabia Saudita) e chi si allontana (Iran, Qatar, Turchia), ma resta il fatto che nel cambiamento del Medio Oriente Israele deve trovare qualche forma di legittimazione. Come sempre, ed è una virtù, non manca il dibattito interno al mondo ebraico. La cosa divertente è il ribaltamento delle posizioni. L’accordo è un successo di una strategia di lungo corso di Netanyahu. È lui ad aver puntato sull’alleanza Israele-mondo arabo contro le intenzioni obamiane di ricostruire il Medio Oriente attorno al reingresso dell’Iran. Una sola domanda, però: che fine hanno fatto le teorie dell’incompatibilità eterna fra arabi e Israele? E tutte le ricerche prodotte anche in Italia sulle disgrazie (tra l’altro verissime) subite dagli ebrei nel mondo arabo che dovevano corroborare questa visione? Viene in mente il vecchio Marx: l’ideologia non è che la proiezione di interessi specifici.
Davide Assael