Spuntino – Nidi e ringhiere
“Se sulla via ti imbatti in un nido, su un albero o al suolo, in cui la madre uccello sta covando uova o pulcini, non catturare la madre; scaccia la madre e prendi le uova o i pulcini per il tuo bene e avrai più lunga vita” (Deut. 22:6-7). Si tratta di una mitzvà – riportata nel brano di questa settimana, Ki-Tetzè – che (secondo il Ramban) può rinforzare l’attributo della misericordia. Non bisogna approfittare della vulnerabilità di una creatura che, seguendo il suo istinto materno, sta accudendo i suoi piccoli, né comprometterne la sopravvivenza generazionale – e qui si nota il legame con la ricompensa di lunga vita (e fertilità, secondo alcuni) per chi osserva questo precetto. Ma raggiungere un nido potrebbe essere pericoloso, se si trova in alto. Il gioco vale la candela? La risposta è nel verso successivo (Deut. 22:8) in cui la Torah comanda di montare una ringhiera sul tetto di una casa di nuova costruzione affinché non si verifichino incidenti (il testo dice letteralmente “non metterai sangue – damim – in casa tua”). Perfino quando c’è in ballo una mitzvà, come quella del nido, non possiamo affidarci passivamente alla protezione divina, dobbiamo sempre cautelarci e stare attenti a non correre rischi. In un’altra chiave di lettura “damim” significa soldi, quindi: “non metterai soldi in casa tua.” Piuttosto donali ai poveri, come suggerisce la parola “ma’akè” (=ringhiera), formata dalle iniziali della frase Mekayem ‘Aniyim Kiyum Ha-mamon (“sostenendo i poveri c’è salvaguardia del denaro”). La tzedakà è il migliore investimento.
Raphael Barki
(27 agosto 2020)