Uman, Rosh HaShanah senza pellegrini L’Ucraina chiude le frontiere

Uman è una cittadina di quasi 90mila abitanti nel sud ovest dell’Ucraina, a tre ore di macchina da Kiev. Qui ogni anno convergono tra le 25 e le 30mila persone durante Rosh HaShahan, il capodanno ebraico: ebrei israeliani e non affollano la città per rendere omaggio a rav Nachman, il rebbe fondatore del chassidismo di Breslav, morto a Uman il 16 ottobre del 1810. Da allora i suoi discepoli si recano in Ucraina in solenne pellegrinaggio ma quest’anno il coronavirus potrebbe fermare tutto. Nelle scorse ore il governo ucraino, davanti all’aumento dei contagi da coronavirus, ha annunciato il divieto temporaneo d’ingresso alla maggior parte degli stranieri fino al 28 settembre e ha esteso le misure di lockdown fino alla fine di ottobre. Tra coloro che non potranno entrare, i pellegrini haredi. Un blocco che ha generato un vero e proprio dibattito in Israele. A chiedere infatti il provvedimento, in una lettera inviata al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, è stato il commissario israeliano al coronavirus Roni Gamzu, preoccupato che il pellegrinaggio di massa potesse trasformarsi in un grande focolaio di contagi. Zelensky, in una conferenza stampa, ha dato seguito all’appello di Gamzu, parlando però di una richiesta arrivata direttamente dall’ufficio del Primo ministro Benjamin Netanyahu. Quasi immediatamente il portavoce del Premier ha però rilasciato una dichiarazione per chiarire di non aver fatto tale richiesta. Il perché di questo ping pong si spiega nel gioco di equilibri interno alla politica israeliana. I due partiti haredi parte della coalizione e legati a Netanyahu, Shas e Yahadut HaTorah, hanno infatti fatto pressione sul Premier affinché permettesse i voli verso l’Ucraina. Diversi esponenti del Likud, a partire dal presidente della coalizione Miki Zohar, hanno attaccato Gamzu per la citata lettera e difeso il diritto dei haredi a recarsi in Ucraina. Le parole di Zelensky hanno dunque messo in imbarazzo il Premier e il Likud con l’arrivo di una precisazione dall’ufficio del capo del governo di Gerusalemme: “Come è stato chiarito in una dichiarazione congiunta di Israele e Ucraina pubblicata la settimana scorsa, il Primo ministro e il Presidente hanno sconsigliato di recarsi a Uman a causa della situazione del virus, ma hanno sottolineato che è responsabilità di chi decide di andarvi di attenersi alle linee guida sanitarie”.
In Israele intanto c’è chi evidenzia il diverso atteggiamento nei confronti dei manifestanti in piazza rispetto ai pellegrini che vogliono recarsi a Ulman. Il giornalista haredi Yisrael Cohen di Haaretz, per esempio, accusa il commissario Gamzu di non aver mostrato una simile preoccupazione – la volontà di vietare i raduni di massa – riguardo alla folla di manifestanti anti-Netanyahu che da settimane protestano nei pressi della residenza del Premier. “Per noi, la santità della preghiera di Rosh Hashanah sulla tomba dei giusti non è meno importante del ‘sacro’ diritto democratico di manifestare e protestare”, scrive Cohen. Dall’Ucraina il rabbino capo di Dnipro Shmuel Kaminezki, che la visita a Uman per i discepoli del chassidismo di Breslav “è come l’ossigeno, è molto difficile dire di no, non farli entrare”. Dall’altro lato i leader ebraici ucraini hanno incontrato il presidente Zelensky, che ha chiesto esplicitamente di evitare raduni di massa perché possibili focolai di contagio. “Faremo del nostro meglio per trasmettere il vostro messaggio. Capiamo quello che sta succedendo e quanto sia importante”, ha detto il rabbino Meir Stambler, presidente del Consiglio della Federazione delle comunità ebraiche dell’Ucraina
Pronipote di Baal Shem Tov, il fondatore del chasidismo, rabbi Nachman dimostrò precocemente un notevole carisma spirituale. Portatore di una fede incrollabile, visse la sua esperienza religiosa accentuando i toni gioiosi e vitalistici di essa. In poco tempo radunò un cospicuo numero di seguaci e comincio a viaggiare attraverso l’Europa orientale portando in giro il suo messaggio di gioia ed entusiasmo. “Essere sempre felici è una grande mitzvah”, sosteneva, “l’unico vero peccato è la tristezza, lo scoramento”. Egli però non volle fondare una dinastia chassidica, pratica comune tra queste comunità. Quando morì di tubercolosi, neanche quarantenne, nel 1810, si rifiutò di nominare un successore. “Non aspettate nessun altro rebbe”, disse ai suoi discepoli, “fino alla venuta del Messia rimarrò io la vostra guida”.