Radicalismo di destra e discorsi d’odio

Aspetti del nuovo radicalismo di destra, uscito in queste settimane per l’editore Marsilio, è il testo di una conferenza che Theodor W. Adorno, uno dei massimi esponenti della Scuola di Francoforte, tiene all’Università di Vienna nell’aprile 1967. Ci sono molti motivi per cui vale la pena prestare attenzione alle riflessioni di Adorno. Almeno per due motivi che credo ci riguardino in questo turbolento ma anche melanconico 2020.
Primo motivo. Anche nelle contemporanee società democratiche e del benessere, le ideologie e le politiche del radicalismo di destra possono prosperare e costituire un pericolo concreto, perché le premesse e le condizioni sociali che avevano generato i fascismi non sono state realmente superate. Ovviamente le circostanze storiche sono diversissime, come Adorno non manca di sottolineare. Ma, spiega, i presupposti economici che hanno scatenato il risentimento sociale e l’antisemitismo tra le due guerre, e sospinto l’ascesa dei partiti autoritari, continuano a sussistere.
Secondo motivo. Il risentimento radicale di destra, con le sue componenti antidemocratiche e antipolitiche, è il frutto delle delusioni della democrazia, cioè dei suoi fallimenti nel mantenere le promesse che il suo nome evoca. La democrazia fino a oggi, sostiene Adorno, non “si è concretizzata in modo effettivo e completo dal punto di vista economico-sociale, ma è rimasta sul piano formale. E, in questo senso, i movimenti fascisti potrebbero essere indicati come le piaghe, le cicatrici di una democrazia che non è ancora pienamente all’altezza del proprio concetto”. È un punto molto interessante, comunque da non trascurare.
Tutte le volte che le democrazie politiche sono crollate di fronte a insorgenze politiche di destra estrema, ciò è avvenuto perché non sono state in grado di garantire futuro, o di rispettare le proprie promesse. Su quella mancanza le destre estreme sono risultate vincenti nello scontro. I loro governi non hanno mai realizzato ciò che promettevano. Ma questo non era un dato rilevante. Rilevante era rovesciare l’assetto democratico. Fin qui Adorno nell’aprile 1967 (le date sono importanti).
È solo un problema di analogie o di corsi e ricorsi? Non proprio, e comunque c’è un dato a cui credo occorra prestare attenzione ed è l’incitamento all’odio, ovvero la crescita e la diffusione del “discorso di odio”. Ciò a cui dobbiamo prestare attenzione non è più un singolo prodotto – per capirci: un graffito razzista, una vignetta satirica, la battuta di un politico, un manifesto o un poster, una declamazione pubblica, un film, un gesto… Ciò a cui dobbiamo prestare attenzione con sempre maggiore concentrazione è la dinamica di cumulo del discorso di odio sul pubblico. Ovvero gli effetti. In altre parole, ciò che si condensa e che, alla fine resta. Gli effetti di convinzione, di immaginario che l’odio determina sono importanti e prestare attenzione alle risposte che si possono attivare per fermarlo e, se possibile, farlo retrocedere è molto importante. Non è un dato di educazione o di buon costume. Al centro sta che cosa chiediamo che sia la politica e che cosa sia e come si debba governare. Perché l’odio non è un’opinione, è un comportamento e, soprattutto, è la macchina e la conseguenza di convinzioni che si formano lentamente, lavora come la goccia d’acqua sul masso. Finora non si vede un intervento mirato a contenerlo.

David Bidussa, storico sociale delle idee, Pagine Ebraiche Agosto 2020