Gerusalemme: appunti sparsi

1) Lo status di Gerusalemme la vedeva quale città sottoposta ad uno statuto internazionale nella Risoluzione Onu di Partizione del 1947, che la inquadrava come corpus separatum (“The City of Jerusalem shall be established as acorpus separatum under a special international regime and shall be administered by the United Nations. The Trusteeship Council shall be designated to discharge the responsibilities of the Administering Authority on behalf of the United Nations”). La parte ebraica accettò detto statuto, quella araba lo rigettò.
2) Maurizio Arcari (The relocation of the US embassy to Jerusalem and the obligation of non-recognition in international law, Questions of International Law, May 2018). In uno stimolante articolo sullo status di Gerusalemme sembrerebbe attribuire una scarsa cogenza alle Risoluzioni Onu, mentre elabora dei concetti riguardanti un obbligo di non riconoscimento, sulla cui portata ed efficacia, però, sembrerebbe essere egli stesso scettico.
3) Di recente si è rilevato che “When considered singularly, in relation to West Jerusalem exclusively, Shapiro’s sentiment is mostly correct. The formal recognition of West Jerusalem (ideally coupled with a corresponding endorsement of the Palestinian claim to East Jerusalem) is consistent with the international community’s enduring approach to the conflict”(…). Establishing an Embassy in Jerusalem – regardless of location – appears incompatible with Security Council Resolution 478 though the United States insists that the Resolution is not binding (Hughes, David, The United States Embassy in Jerusalem: Does Location Matter? (July 21, 2018). 50 Questions of International Law 15 (2018).)
4) Si dimentica che a Roma, ad esempio, quando nel 1871, il Re decise di proclamarne formalmente la capitale, le potenze straniere disertarono l’evento perché non riconoscevano Roma come capitale d’Italia ma, nondimeno, nessuno avrebbe avuto la sfrontatezza di sostenere che la capitale fosse ancora Firenze.
5) Ha senso per l’Italia insistere su Tel Aviv come capitale, visto che il 9 settembre 1940 la bombardò, uccidendo anche donne e bambini?
6) ”Per «norme del diritto internazionale generalmente riconosciute» si intendono certamente le norme internazionali consuetudinarie valevoli per tutti gli Stati (II-3, p. 571, II-24, p. 886), mentre sono esclusi, per costante giurisprudenza costituzionale, i trattati (I-92.1) nonché le norme internazionali non vincolanti, come quelle contenute nelle risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (II-118)” (Carlo Focarelli, Diritto Internazionale, III ed., Cedam, Padova, 2015, p. 212).
7) (Enzo Cannizzaro, Andrea Caligiuri) “L’identificazione delle norme internazionali generalmente riconosciute. Pochi dubbi possono esservi, oggi, sul fatto che la norma costituzionale si riferisce al solo diritto internazionale generale, con l’esclusione quindi della normativa di carattere convenzionale. Una diversa ricostruzione era stata invero proposta; essa si fondava sull’esistenza nel corpo della normativa internazionale generale di una norma, comunemente definita pacta sunt servanda, la quale riconnette valore giuridico obbligatorio alla stipulazione dei trattati. Attraverso il meccanismo di adattamento predisposto dall’art. 10, 1° co., tale norma avrebbe quindi riprodotto nell’ordinamento interno una norma sulla produzione riferita ai trattati, ai quali, in buona sostanza, verrebbe estesa la disciplina costituzionale, riferita letteralmente al solo diritto generale. Si tratta di una linea argomentativa meramente logica, che non tiene in considerazione né il contesto normativo nel quale l’interpretazione della disposizione deve aver luogo, né riferimenti di carattere funzionale. Nel riferirsi infatti alle sole norme internazionali generali, l’art. 10, 1° co., esclude implicitamente i trattati dal proprio ambito di applicazione”

Emanuele Calò, giurista

(1 settembre 2020)